domenica 27 novembre 2011

L'OPINIONE - Gustavo Rinaldi


A COSA SERVE
IL REVISIONISMO STORICO
(a proposito di un nuovo Piano per il Sud)

di
Gustavo Rinaldi


In questi ultimi anni, è inconfutabile, che si sia sviluppato un serio e concreto revisionismo storico sulle vicende che hanno determinato l’unità dei vari Stati che erano presenti nella penisola italiana; unità che, è stato ampiamente dimostrato, è stata costruita dal Piemonte, cioè dal Regno di Sardegna, con l’abietta azione diplomatica del conte di Cavour, primo ministro di quello Stato, e con la forza militare dei generali piemontesi, capitanati da Vittorio Emanuele II re di Sardegna, divenuto re di una Italia appena fatta, II e non primo, da sottolineare.
L’abietta azione politica cavouriana e la forza militare piemontese sono state, anche questo è stato ampiamente dimostrato, il braccio armato di un disegno politico e massonico filoguidato dall’Inghilterra e ampiamente sostenuto dalla Francia.
L’unità d’Italia, insomma, è avvenuta per precisa volontà della setta massonica internazionale che voleva, a tutti i costi, la distruzione, l’annientamento dello Stato della Chiesa e magari dello stesso Papa. Setta massonica che si è avvalsa ampiamente di alcuni suoi maggiori rappresentanti dell’epoca, dal primo ministro inglese Lord Palmerston all’Imperatore dei francesi Napoleone III, al primo ministro piemontese Camillo Benso conte di Cavour, al re di Sardegna Vittorio Emanuele II, a Giuseppe Garibaldi e a chissà quanti altri: tutti indiscutibilmente affiliati e alti esponenti di quella setta definita Massoneria.
L’annientamento della Chiesa Cattolica, al fine di far prevalere i principi del Protestantesimo o, addirittura, dell’ateismo presupponeva, ovviamente, lo smantellamento dello Stato pontificio, cioè del potere temporale della Chiesa Cattolica che per tanti secoli aveva assicurato e garantito la sopravvivenza dei principi cattolici, cristiani.
Per cancellare il potere temporale della Chiesa era necessariamente indispensabile cancellare dalla scena politica europea l’unico Stato italiano cattolicissimo, integralista, il Regno delle Due Sicilie, che era per di più confinante con quello pontificio, pronto ad intervenire anche militarmente come aveva già fatto, negli anni precedenti, per salvaguardare l’integrità degli Stati della Chiesa, e che occupava, cosa non da poco, dal punto di vista economico e politico, l’intero bacino del Mediterraneo. Non dimentichiamo che, in quegli anni, si andava ad aprire il canale di Suez e il Mediterraneo riacquistava, così, un ruolo di primo piano nella strategia economica della fine del XIX secolo.
Cancellare dalla scena politica europea il Regno delle Due Sicilie e, magari, contemporaneamente o quasi, debellare definitivamente il potere temporale della Chiesa Cattolica al fine di indebolire, magari definitivamente, anche quello prettamente spirituale: questo fu il disegno della strategia massonica portato avanti dal micidiale complotto internazionale che vide uniti Stati come il Regno di Sardegna, la Francia e l’Inghilterra.
Un nuovo Stato, l’Italia unita, non avrebbe potuto essere protagonista nel Mediterraneo perché, a differenza del Regno delle Due Sicilie, avrebbe dovuto preoccuparsi, prioritariamente, della difesa delle frontiere terrestri prima ancora di quelle marittime e mai o difficilmente, quindi, sarebbe potuto diventare una potenza mediterranea come lo era o lo stava diventando, naturalmente, il Regno duosiciliano a scapito degli interessi dell’Inghilterra che non poteva sopportare, ma neanche tollerare, che un regno, uno Stato più piccolo e comunque meno potente, potesse avere una prevalenza in un’area geografica allora così importante.
Favorire quindi l’unità d’Italia, cancellare dalla scena politica europea uno Stato sovrano come il Regno delle Due Sicilie: si poteva fare, fu fatto, in dispregio di qualsiasi principio democratico scaturito dalla Rivoluzione francese e da tutti i moti rivoluzionari ottocenteschi.
Due intere nazioni, quella napoletana che s’identificava con tutti i popoli abruzzesi, molisani, campani, pugliesi, lucani e calabresi, con i popoli, cioè, dell’ex Regno di Napoli e l’altra, la nazione siciliana, da secoli identificata con l’ex Regno di Sicilia furono sacrificate sull’altare di una presunta, necessaria esigenza di una unità italiana voluta ed ottenuta con l’intrigo politico e col sangue di migliaia, centinaia di migliaia di innocenti.
Oggi si sta squarciando, finalmente, quel velo di ipocrisia. Molti si chiedono, però, anzi sono convinti che non è il caso, comunque, di rimettere in discussione l’unità d’Italia; andava comunque fatta, viene detto, perché necessaria.
Ora, che dei popoli, divisi da una decina di secoli, diversi per lingua (perché se il friulano o il veneto è una lingua, lo è anche il napoletano, il pugliese, il siciliano, ecc.), per tradizioni, per cultura, debbono essere uniti per forza solo per coronare il sogno di un pugno di idealisti, di terroristi si direbbe oggi ( perché la spedizione di Sapri, quella dei Mille non avevano niente di diverso da atti terroristici se non addirittura pirateschi come furono definiti, infatti, da autorevoli e disinteressate personalità straniere, cioè non italiane, dell’epoca), uniti anche contro la propria volontà ampiamente manifestata, nei territori del Regno delle Due Sicilie, da una lotta armata, partigiana, durata dieci lunghi anni, è una gran bestemmia, un’assurdità da qualsiasi punto di vista la si voglia esaminare.
Se i popoli, gli Stati che erano presenti nella penisola italiana a metà dell’800, avessero veramente voluto unirsi politicamente, avrebbero potuto farlo attraverso un graduale ma incruento processo di unificazione che avrebbe portato, presumibilmente, ad una Confederazione di Stati come era stato auspicato da autorevoli studiosi dell’epoca, il Cattaneo in primis, e come fu attuato, poi, praticamente, da un altro popolo, molto più bellicoso di quello italico, il popolo tedesco.
Allora non si venga a dire che questo revisionismo storico non serve a niente. Non si venga a dire che l’unità d’Italia andava fatta come fu fatta altrimenti non sarebbe stata fatta.
Questo revisionismo storico serve e come; a ristabilire la verità, innanzi tutto, per ridare dignità ai popoli del Regno delle Due Sicilie, ai quali fu tolta subito dopo l’avvenuta unità proprio a giustificazione della necessità di essere addivenuti a tale unità. Revisionismo storico che se non può, ovviamente, portare indietro l’orologio della Storia, può, deve contribuire, in maniera determinante, a far sì che, dopo 150 anni, si proceda finalmente a formare un paese unito per fare in modo che si abbiano, e sarebbe ora, italiani, fratelli d’Italia, dalle Alpi alla Sicilia. Come? Ai politici questo compito. Agli  storici la facoltà di proclamare, a voce alta, che l’unità d’Italia non s’era da fare, in primis, che se andava proprio fatta non andava fatta come poi è stata fatta e che, oggi, se la si vuole mantenere ancora unita, è indispensabile ovviare, rimediare, nel più breve tempo possibile, ai grossolani, enormi errori compiuti in 150 anni di vita unitaria, specialmente dal punto di vista dello sviluppo economico e da quello della conoscenza della verità storica: una sola Italia, insomma, e non le due attualmente esistenti.