I “Cervi” e gli amici di Cervi sanno bene che da “questa parte” non si scherza, come sanno bene che quando lanciano in campo certe idiozie storiche, sempre da questa parte si fa fatica a tenere le file affinché nessuno vada oltre ogni ragionevole dibattito, sporcandosi l’anima e la reputazione usando le medesime loro cialtronerie che, raffinate o mielate che siano, sempre ingiurie restano.
Alla diffusione del dibattito culturale avvenuto sulle pagine de IL GIORNALE, tra il nostro Luciano Salera ed il loro Mario Cervi, si è alzato un vespaio di improperi da parte di una moltitudine di nostri amici e compatrioti, ormai stanchi di sentirsi raccontare le solite storielle con i soliti termini e le solite insulse conclusioni.
Antonio Grano, attento scrittore, nostro compatriota incazzato e capofila dei “Tiragliatori scelti” (corpo speciale di assalto informatico-culturale da noi fondato) non ha retto alla provocazione e si è lanciato all’attacco. Come al solito suo, lo ha fatto con eleganza, competenza, determinazione, ma allo stesso tempo con un’ironia affilata e pungente, colpendo ripetutamente nel punto giusto un difensore scalibrato di una storiografia di regime ormai in serie ed evidenti difficoltà. Il Dott. Mieli, come abbiamo visto, alla fine ha “gettato la spugna”, Cervi, invece, ancora spara pattume sulla folla dalla barricata ormai scarrupata dei risorgimentalisti a tutti i costi.
Antonio Grano non ha scritto una semplice lettera, ma un vero e proprio componimento, un magnifico discorso storico che affascina e, nello stesso tempo, appaga ogni desiderio di “vendetta”.
Come diceva Don Paolo: “E’ la Provvidenza a mandare certe persone tra le nostre file”.
Da leggere, da studiare e da conservare per le battaglie.
Buona lettura.
Cap. Alessandro Romano
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L’ITALIA A LORO IMMAGINE E SOMIGLIANZA
Gent.mo Dott. Mario Cervi
Leggo solo oggi la Sua risposta del 3 dicembre 2011 alle osservazioni dello studioso del Risorgimento Luciano Salera.
Le confesso che da Lei, attento conoscitore della storia d’Italia, mi aspettavo un commento un po’ più pacato e ragionato. La Sua è stata invece la classica risposta arrogante dei neo-savoiardi: una risposta infastidita del tipico professorino (oggi vanno di moda) saccente, cattedratico e intollerante, che ostenta le sue irrefragabili certezze, ritenendosi depositario della Verità Assoluta. E tratta dall’alto in basso i reprobi che osano mettere in discussione il Suo personale Talmud.
Fu occupazione, Dott. Cervi. Occupazione sanguinosa e sanguinaria con successiva spoliazione e colonizzazione del Sud. I neo-savoiardi devono farsene una ragione. La favola è finita. E’ finita perché i vincitori, i franco-padano-savoiardo-piemontesi, da bravi vincitori scrissero la storia a loro uso e consumo, ma commisero il gravissimo errore di non distruggere, di non mandare al rogo quella massa debordante di documenti, di libri, di articoli di giornali, di atti giudiziari, di atti militari, di atti parlamentari, di epistolari, di memoriali e soprattutto di foto, che raccontano la Storia Vera, quella del martirio del Sud invaso e saccheggiato da un esercito di occupazione straniero, quello savoiardo piemontese. Ed ora, quella massa ingente di dati storicamente inoppugnabili tracima sui moderni mezzi di informazione. Non potete più arginarla. E’ Internet, bellezza!
Lei, Dott. Cervi, con una tenacia ed una pertinacia ben degne di altre cause, continua ad utilizzare la vecchia, ma ormai spuntata arma del ricatto, della demonizzazione dei non allineati alla versione di Stato: -non professi la Fede in Garibaldi, Cavour e Vittorio Emanuele uni e trini? Anatema! Sei un “dissacratore del Risorgimento e dei Padri della Patria”.-
Quale Patria? Quali “Padri” ? Non si è accorto, Dott. Cervi, che l’Italia di oggi è la risultanza biologica delle farneticazioni e della perfidia di quei “Padri”? Arruffona, caotica, scombinata, gradassa, smargiassa, manesca, litigiosa e rissosa come Garibaldi; sporca, deforme, puzzolente, tracotante, ignorante, incolta, semianalfabeta e maniacosessuale come Vittorio Emanuele II; cinica, spietata, malvagia, opportunista, trasformista, arrogante, tracotante, boriosa e mafiosa come Cavour, portatore del primo grande conflitto di interessi della storia d’Italia.
Questa è l’Italia di oggi, e ove non bastasse è l’Italia dei razzisti padani, razzisti ciclostilati in copia dalle immagini dei loro ferocissimi antenati, i “gloriosi” militari piemontesi. Con la differenza che quelli erano funerei e mortiferi, mentre questi sono solo macchiette, “guapp' 'e cartone”.
I razzisti neo-savoiardi franco padano piemontesi di oggi si limitano a blaterare e ad impinguare i loro portafogli nella Roma Ladrona. Quelli, i loro antenati, facevano sul serio: sperimentarono nel Mezzogiorno d’Italia le loro attitudini allo sterminio dei popoli, per poi applicarle con profitto in Etiopia, in Somalia, in Libia, in Albania, in Eritrea, in Abissinia, in Tripolitania, in Grecia e ovunque andarono per esportare la loro democrazia del terrore a base di gas nervini e forni crematori. Altro che nazisti tedeschi! Fucilazioni, stupri, saccheggi, deportazioni, rastrellamenti, furti, rapine contro le inermi popolazioni meridionali. Gli Unni al loro confronto erano dei seminaristi.
Anche i razzi-leghisti di oggi sono a immagine e somiglianza di questa Italia da buttare. E sono figli vostri, di voi conservatori neo-savoiardi. Somministrando a piene mani l’Enciclopedia della Menzogna, avete inseminato il ventre sifilitico di questa vostra Italia sifilitica, che ha partorito il mostro, il carcinoma che la sta divorando. Razzisti proprio come i loro non lontani avi, gli “eroi”, quelli della guerra di pulizia etnica risorgimentale.
Li avete creati voi e li avete in casa i picconatori della Patria. E da solerti e ipocriti difensori dell’ Italia ...una e indivisibile, contro chi inveite? Contro i razzisti separatisti, scissionisti padani? No. Inveite contro i sobri e dignitosi cittadini e studiosi meridionali e meridionalisti che educatamente, garbatamente, serenamente e per quanto mi riguarda, fin troppo pacificamente, osano porre in discussione le vostre caduche e miserabili “verità”.
“Non nego certi aspetti cupi e a volte atroci di quel memorabile evento”. Li citi, li elenchi, li esplichi Dott. Cervi: quali furono gli “aspetti cupi e a volte atroci del memorabile (!!!???) evento? Il massacro di Bronte?, la mattanza di Casalduni?, l’eccidio di Pontelandolfo?, lo sterminio di Civitella del Tronto?, la carneficina di Gaeta?, il genocidio di Fenestrelle?
Coraggio Dott. Cervi, abbia il coraggio di denunciare la Verità.
La Verità!
Per creare un clima di vendetta? Per esacerbare gli animi? Per mettere in discussione l’Unità d’Italia?
Per quanto mi riguarda, non mi scandalizzo nell’apprendere che c’è qualche meridionale che cova sentimenti di vendetta, tremenda vendetta: è un suo preciso diritto a fronte del martirio subito dai suoi avi. Ma so per certo che la gran parte di quelli che hanno scoperto la Verità, vogliono solo rendere onore a quei martiri, ai martiri della furia omicida dei “liberatori” piemontesi. Anche questo è un loro diritto!
Ogni anno rendiamo onore ai martiri di Marzabotto; celebriamo le Fosse Ardeatine; onoriamo i martiri di Dachau, di Birkenau, di Buchenwald, di Aushwitz.
Forse per rinfocolare l’odio verso i tedeschi? No, Dott. Cervi, non ve n’è bisogno, basta e avanza lo spread. Noi onoriamo quei martiri solo ed esclusivamente perché quegli orrori non si ripetano! Ha capito, Dott. Cervi? Noi vogliamo che gli orrori “risorgimentali” non si ripetano, e affinché non si ripetano, tutti, padani e terroni, devono sapere! Basta con questo asfissiante negazionismo che ha ridotto la vostra -solo a parole- amatissima Italia in brandelli.
Perché non ha risposto agli interrogativi di Salera sui martiri di Fenestrelle, il primo campo di sterminio prenazista, dove i “liberatori” piemontesi straziarono decine di migliaia di “briganti”?
Che cosa temete, Dott. Cervi, che saliamo su in Padania e vi infilziamo con i forconi?
Rivendicare il diritto alla Verità significa, per Lei, creare “un alibi, per giustificare, un secolo e mezzo dopo, ciò che avviene in una parte del Paese” (quanto pudore: si tratta forse del Mezzogiorno d’Italia)?
Ma quale alibi? Abbiamo i nostri guai, è verissimo; abbiamo pure la monnezza, ma io La invito a dare una risposta chiara ed esaustiva a questa domanda: siamo nei guai in quanto biologicamente tarati; perché, come affermava il criminal-criminologo Lombroso, abbiamo la devianza nel DNA, oppure ce li siamo ritrovati in esito a cause storicamente determinate? Altro che alibi, Dott. Cervi!
E’ questione di razza? Noi siamo la razza impura e voi siete la razza ariana? Lo dica, Dott. Cervi. Abbia il coraggio di dire la Verità.
Dott. Cervi: ci siano, o ci siamo diventati?
Fummo o non fummo dissanguati?
Venti milioni di “carne ‘e maciello” li hanno creati i nostri “fratelli liberatori” piemontesi o no?
E’ vero o non è vero che non ci lasciarono nemmeno gli occhi per piangere?
Io so solo che la mafia, nel XIX Secolo, era Cosa Vostra, Dott. Cervi. O ha dimenticato i vari Don Rodrigo e i “bravi” ?
“Prima di occuparci della mafia dal periodo che va dall’unificazione del Regno d’Italia alla prima guerra mondiale e all’avvento del fascismo dobbiamo, brevemente, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denominazione, prima dell’unificazione non era mai esistita in Sicilia... la mafia nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia...”.
E’ Rocco Chinnici, Dott. Cervi, non un "bieco reazionario oscurantista assolutista" come voi neo-savoiardi definite chiunque osi confutare le vostre "verità".
“Contesto un procedimento dialettico in forza del quale le accuse ai piemontesi si risolvono in una riabilitazione estatica dell’ancién régime, in un elogio incondizionato dell’oscurantista Sillabo...”.
Riabilitazione estatica... boh!
La solita tecnica: si inventa il reato e lo si condanna. Fa tutto Lei, Dott. Cervi, se la canta e se la suona. Secondo la Sua versione dei fatti, chi denuncia gli orrori e i delitti perpetrati dai “liberatori” (ma in nome di Dio, da chi dovevano liberarci?) piemontesi lo fa perché vuole ripristinare il Sillabo, e magari rimettere sul trono i Borbone, e perché no, rispezzettare l’Italia nei fantasmatici Stati e Staterelli di cui parla sempre a vanvera la retorica filo savoiarda. Melassa scadentissima.
Dott. Cervi, io sono nato sotto il regime monarchico-colonialistico-imperialistico dei Savoia. Poi quei bastardi furono cacciati a calci nei fondelli e venne la Repubblica. Viva la Repubblica. Sì, viva la Repubblica! Nessuna riabilitazione più o meno... estatica.
Ma ho scoperto che il monarchico Francesco II di Borbone, Re di Napoli, napoletano verace e non straniero franco-piemontese come Vittorio Emanuele II, era un ragazzino timido, dolce, timorato di Dio, incapace di odiare, incapace di far del male ad una mosca, onesto, leale, generoso. E fu martirizzato dalle orde piemontesi ai comandi del pre-nazista Cialdini. Posso nutrire verso quello sventurato giovane sentimenti di pietà, di misericordia, di amore, o rischio di essere lapidato con l’accusa di vilipendio alla Sacra Italia Unita e Affratellata?... e magari di voler restaurare... l’ancién régime!
Ho scoperto che Vittorio Emanuele II non si lavava mai, puzzava come un cane morto in avanzato stato di decomposizione, era un semianalfabeta che detestava i libri, che amava solo sparare agli animali e fare il bunga-bunga con le decine di escort-contadinotte disseminate nei bordelli nelle sue tenute di caccia. Ho scoperto che era afflitto da priapismo incoercibile; che quando calò al Sud con le sue truppe di occupazione si portò appresso in un carro la sua escort preferita, la sua Rosinella con la quale si consolava a fine mattanza giornaliera.
Devo amarlo e venerarlo, devo chiamarlo “galantuomo” altrimenti divento un “papalino nostalgico dei Borbone” e via farneticando?
Ho scoperto che la marcia su Napoli gli fu imposta (imposta!) dal fratello-coltello Cavour per fermare quell’invasato di Garibaldi (licenziato a Teano e mandato agli arresti domiciliari a Caprera) che stava scombinando tutti gli accordi che lui aveva preso a Plombières les Bains con quel fiorellino di campo, il compagno di merenda Napoleone III. Posso dirlo o Lei mi accusa di voler distruggere l’Italia Unita, Una e Affratellata?
Queste cose gli italiani tutti devono saperle, o devono solo sapere che Garibaldi se ne andò a Caprera col sacchettino di semini di favette e fagiolini, la balletta di stoccafisso, il pacchettino di maccheroncini e altre cretinate del genere buone per bambini scemi e intronati?
“Il Risorgimento, a suo modo è stata una rivoluzione e le rivoluzioni non sono mai indolori e incruente”.
E dunque? E dunque, viva la rivoluzione di Hitler, di Stalin di Mussolini, di Gheddafi.... e chi se ne frega se quella democratica, liberale, progressista, salvifica e socialista rivoluzione savoiarda costò un milione e trecentomila morti ammazzati fra donne, vecchi bambini, militari, civili, briganti, insorti, laici, cattolici e quant’altro, colpevoli solo di appartenere alla inferiore razza dei terroni. E’ questa la rivoluzione? Ma quale rivoluzione? 120 mila soldati addestrati all’odio razziale, mandati a massacrare i terroni, i “beduini africani”, hanno fatto la rivoluzione?
Ma che bella rivoluzione: da una parte i contadini meridionali armati di roncole e forconi contro gli invasori stranieri, dall’altra un esercito di occupazione armato fino ai denti per colonizzarli. Questa Lei la chiama rivoluzione? Questa Lei la chiama democrazia?
“Vittorio Emanuele tenne fede allo Statuto Albertino”. Bravo! E lo impose ai popoli conquistati. Questo Lei non lo dice.
-Vogliamo fare una Costituzione che integri tutte le varie sensibilità e diversità dei popoli peninsulari?-
-Ma quando mai! Abbiamo la nostra Costituzione, lo Statuto Albertino, e glielo facciamo ingoiare a quei luridi terroni. Prendere o prendere.-
-Lo facciamo eleggere dal popolo o dal parlamento il Capo del nuovo Stato?-
-Ma no, che bisogno c’è? Autonomamente e senza dar conto a nessuno, ma ovviamente “per grazia di Dio e volontà della nazione” io Vittorio Emanuele mi autoproclamo Re d’Italia.-
-E Come si farà appellare? Vittorio XI? Emanuele III? Filiberto VII?-
-Ma no: manterrà inalterato il nome di Vittorio Emanuele II. La sacra continuità con il Piemonte e col Regno di Sardegna va rispettata. Alla faccia dell’Italia Una, Democratica e Affratellata.
Anzi, non lo chiameremo neppure Vittorio Emanuele II. Nella prima seduta del Senato del Regno (italiano?) riunito a Torino, nel rigoroso solco della tradizione franco-sabauda, molto patriotticamente lo straniero francopiemontese Cavour, così lo accoglie: “Je salue Victor-Emmanuel deuxième, Roi d’Italie”.-
Italie!, non Italia... Italie, Dott. Cervi!
Viva le Roi!
-E poi che si fa?-
-Come che si fa? Si riunisce il Parlamento ... Nazionale.-
-Dove?-
-A Torino, dove se no?-
-Un po’ lontanuccio da Girgenti.-
-E chi se ne frega?-
-Elezioni?-
-Vade retro!-
-E chi ci mandiamo al parlamento italo-piemontese?-
-Nessun problema: tutta gente fidatissima e soprattutto molto filosavoiarda.
Dunque: 2 principi, 3 duchi, 29 conti, 23 marchesi, 26 baroni, 25 nobili senza titolo, 50 commentatori, 117 cavalieri di cui 3 della Legion d’Onore e infine due Bey dell’Impero Ottomano e una decina di milionari senz’altro titolo onorifico.-
-E allora, via alla Prima Legislatura?-
-Prima Legislatura?! Ma vogliamo scherzare? E la Sacra Continuità con il Grande Regno del Piemonte Allargato dove la mettiamo?-
-E allora?-
-E allora nessuna discontinuità col Sacro Regno ecc.: sarà l’ottava. Dopo la settima, cosa viene se non l’ottava? La matematica non può essere un’opinione.-
-E l’esercito?-
-Semplice: chiamiamo il nostro eroico generale Manfredo Fanti (quello specializzato nella deportazione dei “briganti” nei lager piemontesi) lo facciamo ministro della Guerra e lui farà un bel decreto in cui si stabilisce che da oggi in poi, l’Armata Sarda e tutto il resto si chiamerà Esercito Italiano.-
-E la bandiera, la bandiera del nuovo Stato Unitario Libero, Democratico e Solidale, come sarà?-
-Nessun problema: bianca, rossa e verde.-
-Come la bandiera del Regno di Sardegna?-
-Esatto! Come la bandiera del Regno di Sardegna. Come, se no?-
Sì, cest plus facile. Evviva le Roi, evviva l’Italie ...e allons enfant de la Patrie!
“Il Re non amò, ma dovette accettare un primo ministro come Cavour”.
Ma no!? Non si amavano!? Ma allora è vero che si detestavano, che Cavour si vantava di non aver mai stretto la mano a quel “guerrigliero” di Garibaldi, che odiava ed era odiato da Mazzini, che Mazzini schifava Vittorio, che Vittorio detestava Peppiniello e via detestandosi fra loro!
A proposito: ma Garibaldi, Dott. Cervi, cos’erà, monarchico, repubblicano, anarchico, socialista, fascista, cattocomunista? Me lo spieghi perché io ho capito solo che scriveva cose da far rivoltare lo stomaco ... ai patriottardi nazionalisti vetero e neo-savoiardi: “Quando i posteri esamineranno gli atti del governo e del Parlamento italiano durante il Risorgimento, vi troveranno cose da cloaca”.
Cose da cloaca, Dott. Cervi, cose da cloaca, parola di Peppino Garibaldi. Ne sa niente Lei? E lo sa cosa diceva Indro Montanelli del Risorgimento? Glielo ricordo: “Abbiamo sempre vissuto sul falso del Risorgimento che assomiglia ben poco a quello che ci fanno studiare a scuola”. Traduzione: avete messo e continuate a mettere un bel coperchio... sulla cloaca.
Concludo, Dott. Cervi. Ho letto l’ultimo libro del Capo dello Stato Giorgio Napolitano “Una e indivisibile”.
Si tratta di un testo “classico”: da una parte i biondi alti e con gli occhi azzurri Garibaldi, Vittorio Emanuele e Cavour, dall’altra i Borbone brutti sporchi e cattivi, e tante dosi massicce di agiografia edulcorata, di luoghi comuni, di frasi fatte e tanto negazionismo... di Stato.
Risponderò virgola su virgola, ma voglio dirLe una cosa: se io fossi il Capo dello Stato scriverei e firmerei quel libro. Lui ha il dovere... di mentire. Lui deve dare messaggi edificanti, unificanti e costruttivi. Lui deve favorire l’integrazione del popolo e per tonificare il tessuto unitario della Nazione.
Lui compie il suo preciso dovere istituzionale di Capo dello Stato con le buone parole. Cos’altro può fare, armato della sola moral suasion, per rimettere insieme i cocci di questa Italia sbrindellata?
Ma Lei no, Dott. Cervi. Lei non è il Capo dello Stato. Lei è un giornalista e un giornalista deve dire la Verità, tutta la Verità, null’altro che la Verità. Lei non deve salvare la Patria, non è Suo compito e non rientra nelle Sue prerogative.
Distinti saluti.
Dott. Antonio Grano