Piazza Plebiscito nel degrado
rinascimento addio
Vandali, writer, barboni i padroni dell'emiciclo. La passeggiata della vergogna comincia all’ingresso laterale sotto la Nunziatella. E i turisti fuggono
«Questo colonnato è un schiaffo alla città.
L’intera piazza del Plebiscito agonizza in condizioni vergognose fra
l’indifferenza generale delle istituzioni, a due passi dal lungomare. Denunce e
appelli restano inascoltati. Altro che società civile…». Con l’afa del Solleone,
il sagrestano della basilica di San Francesco di Paola deve ripulire da sé il
porticato di fronte a Palazzo Reale, ridotto a un cumulo di escrementi e rifiuti
perché «da tre settimane non si vede uno spazzino». Ma tutta la piazza è nella
morsa del degrado.
La passeggiata della
vergogna comincia all’ingresso laterale sotto la Nunziatella. I quattro leoni a
guardia della scalinata sono stati vandalizzati con spranghe e bombolette spray:
a uno hanno tagliato le zampe anteriori. Spaccate e divelte le lastre di marmo
del salotto della città, nella piazza simbolo del rinascimento bassoliniano sono
saltati anche i sampietrini. Una volta su, i turisti scappano inorriditi per il
lezzo che si leva da una pozzanghera d’urina stagnante. Manca l’aria nei primi
venti metri del colonnato: sono diventati la casa di una decina di barboni.
Senzatetto che all’alba lasciano i vestiti in quattro valigie legate alla meglio
a una delle botteghe vandalizzate lungo il colonnato.
«C’è un’emergenza igienico sanitaria qui sotto», protestano i pochi
commercianti rimasti. È la maledizione di una piazza progettata per celebrare la
grandezza di Ferdinando IV e del suo regno: imponente e scenografica, a doppio
fondale, ma «condannata al degrado da tutte le amministrazioni» si indigna
Lorenzo, titolare dell’unico bar che ancora resiste. Sopra la sua testa, pende
un cavo elettrico che corre lungo undici colonne prima di raggiungere i due
lampioni di fronte alla prefettura: è il ricordo lasciato dai concerti ospitati,
rivela la nitida geometria di un luogo capace di attrarre migliaia di giovani.
Gli stessi ragazzi che nel tempo hanno trasformato l’emiciclo in una
galleria di graffiti, in cui «non c’è un cestino per la spazzatura» si lamenta
Fabiano Cardito, responsabile di un bed and breakfast che affaccia su Palazzo
Reale.
Slogan da stadio e dichiarazioni d’amore si leggono da ognuno dei
23 mila metri quadrati della piazza: ricoprono le colonne ioniche davanti alla
chiesa, corrono lungo i muri, si alternano alle lastre di marmo spaccate sullo
scalone centrale.
Lo spray fa a gara con gli escrementi sulle statue
equestri firmate da Canova e Calì, mentre di fronte sono saltate due dita ad
Alfonso d’Aragona. E chi percorre i circa 160 metri del colonnato scopre anche
calcinacci crollati dal tetto rosicchiato dall’umidità mentre le sterpaglie
divorano le statue. «Segno che l’abbandono è generale – protesta Fabio Chiosi,
presidente della municipalità Chiaia – il Comune non provvede né alla
manutenzione né alla pulizia. Ma la responsabilità del degrado e della scarsa
sicurezza ricade anche su soprintendenza e prefettura. Sono mesi che inviamo
segnalazioni, chiediamo una maggiore cura, l’installazione di telecamere, ma
finora non c’è stata risposta. Bisogna rendere questa piazza viva e non solo con
i concerti, piuttosto assegnando le botteghe a negozi e associazioni».
A
settembre la municipalità formerà un gruppo di lavoro per mettere in campo
proposte operative contro il degrado. In particolare «i pochi controlli
notturni» preoccupano i residenti attorno alla piazza. Una camionetta di
militari presidia di giorno il colonnato, ma «è solo di rappresentanza» secondo
i pensionati che frequentano la zona, che accusano anche la polizia municipale
di fare poco o niente. Vandali e writers hanno la meglio, sono arrivati fino
alle porte della basilica: «E se fosse così per sempre?» è l’ultima scritta che
leggono i fedeli prima di entrare.
LA REPUBBLICA (02 agosto 2012)
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