Si cercano nuove soluzioni per salvare il preziosissimo sito archeologico di Pompei, che necessita di urgenti interventi di manutenzione e ristrutturazione. In seguito ai, dopo tante sterili polemiche e ridicoli tentativi di trovare un responsabile da accusare per lo stato di degrado degli scavi, nel mese di Giugno si è finalmente passati ai fatti con l’approvazione del “Piano Cecchi”, che prevede lo stanziamento di 105 milioni di euro per finanziare i lavori necessari. Negli ultimi tempi, però, sembra che l’interesse nei confronti di Pompei sia cresciuto tanto da far pensare a finanziamenti privati provenienti dall’estero. Il direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Mibac, Mario Resca, fa sapere che alcuni imprenditori francesi vorrebbero contribuire ai futuri interventi di recupero, investendo circa 200 milioni di euro nei prossimi dieci anni. Secondo la legge francese, i privati che decidono di investire nei beni culturali possono usufruire di vantaggi fiscali (una detrazione del 60%) che la Francia applica per la tutela di monumenti di interesse nazionale e che possono essere utilizzati in tutta Europa. L’unico problema, però, starebbe nel trovare un accordo tra questi finanziatori ed il Mibac; la garanzia chiesta dai Francesi, che garantirebbero al nostro paese anche il supporto tecnico di esperti del settore, è che sia l’Unesco a controllare le operazioni, per monitorare i tempi e le modalità dei lavori. Dal Mibac, però, sottolineano che per ora l’accordo non è ancora ufficiale e che, qualora l’ipotesi di una collaborazione divenisse concreta, si cercherebbe un accordo per conciliare i fondi europei del “Piano Cecchi” e l’investimento francese con la supervisione dell’Unesco. Se venissero accettati i contributi degli industriali d’oltralpe, non sarebbe la prima volta che il sito pompeiano beneficia dell’aiuto francese, che diede un notevole impulso all’archeologia locale già nei lontani anni del dominio napoleonico. Pompei, infatti, è sempre stata un inesauribile bacino di tesori e tracce di un passato misterioso ed affascinante. La storia degli scavi, iniziata nel 1748, all’epoca di Carlo di Borbone, re del Regno delle Due Sicilie, è stata sin dagli esordi tanto affascinante quanto intricata. All’inizio, infatti, alcuni importanti reperti sono finiti nelle mani di collezionisti ed avidi sciacalli che hanno visto nella riscoperta della città sepolta dall’eruzione del Vesuvio una facile occasione di guadagno ed arricchimento personale. Le tecniche di scavo dell’epoca, inoltre, non erano ovviamente sviluppate come quelle successive e sono stati commessi alcuni errori, come decidere di asportare parte dei dipinti, per trasportarli a Napoli ed esporli lì. Col passare degli anni, però, divennero più chiari il potenziale ed il valore della ricerca archeologica, che iniziò ad acquisire prestigio ed autonomia scientifica. Durante il successivo periodo della dominazione francese, vennero intensificati i lavori di scavo, cercando di portare alla luce nuove bellezze nascoste. I lavori, comunque, pur con ritmi meno intensi, proseguirono anche dopo il ritorno dei Borbone; risalgono, anzi, proprio a questo periodo il ritrovamento del “Mosaico di Alessandro” e della “Casa del Fauno”, ancora oggi oggetto di grande fascino ed interesse. E’ solo dopo l’unità d’Italia, però, che si ebbe una svolta decisiva negli interventi su Pompei, grazie anche all’impiego di tecniche di scavo che diventavano più accurate e sofisticate. Bisogna aggiungere, comunque, che proprio in questo periodo iniziarono le concessioni di scavo ai privati, che comportarono un nuovo traffico di opere legato ad interessi economici più che culturali. E’ solo in epoca più o meno recente, dopo il 1960, che l’approccio al sito è nuovamente cambiato e le attività di scavo vero e proprio sono diventate a poco a poco meno intense per essere affiancate o in alcuni casi sostituite da interventi di manutenzione e restauro, diventati ancora più numerosi dopo il terremoto del 1980. Fu proprio per riparare ai danni di questa sciagura che venne riconosciuta a Pompei la possibilità di accedere a speciali finanziamenti per evitare la paralisi dei lavori. Con l’accordo francese di cui si mormora, quindi, si avrebbe un ricorso storico, che sarebbe ben accetto perché è in ballo la tutela di un bene di inestimabile valore, patrimonio dell’umanità e che tutto il mondo ci invidia.