Criminali risorgimentali
Il professore Fernando Mainenti, attento studioso delle cose di Sicilia, è autore del saggio Menzogne e misfatti dell’unità d’Italia (Editoriale Agorà; 2012; 15,00 euro; 223 pag.).
Il saggio ripercorre gli antefatti reali, gli avvenimenti e gli esiti immediati di quella che con storica ragione è possibile definire la più grande impresa criminale d’Italia e cioè l’avventura del Risorgimento che, sospinta dai pennivendoli attraverso la retorica da libro cuore, ha non solo fatto strame di migliaia di meridionali, ma ha compiuto quello che nemmeno ai regimi totalitari è riuscito e cioè cancellare del tutto l’identità e la memoria di un popolo. La favola bella del Risorgimento italiano che s’apprese, s’apprende (ahimè!) e certamente s’apprenderà ancora nelle scuole, è per l’appunto, una favola nella quale, a discapito della verità dei fatti, gli assassini sono stati chiamati eroi e gli eroi, malgrado loro, si sono ritrovati sulla pelle, stampato, il marchio infame di briganti.
La scrupolosa ricerca del professore Ferdinando Mainenti dà conto, coi documenti alla mano, del numero impressionante dei massacri (e facendo anche molti dei nomi di questi innocenti, restituisce alla memoria, almeno la dignità cristiana della loro esistenza) e del numero tragico di città rase al suolo o bruciate (tutte nella zona geografica che oggi chiamiamo Sud Italia ed un tempo chiamavamo Regno delle Due Sicilie) e così la Storia vera di quello che viene celebrato come periodo felice della Patria è ricondotta a ciò che realmente fu, olocausto premeditato. Nella copertina del libro, campeggia un bel ritratto di un eroe dimenticato, è la figura fiera del Generale Ferdinando Beneventano del Bosco, che incarna lo spirito di indipendenza e lealtà che animò il popolo meridionale nella resistenza all’invasione piemontese del Regno delle Due Sicilie.
Colla sua ricerca storica delle fonti, oltre a ristabilire verità storiche colpevolmente coperte dai sanguinari piemontesi, il saggio del professore Mainenti, restituisce al lettore, anche le cause di quel divario economico e sociale tra il Nord ed il Sud d’Italia che sembra essere preesistente al Risorgimento ed all’unità, anche se d’unificazione (e coatta) si dovrebbe dire, quando invece da quell’impresa criminale e sanguinaria fu creato e alimentato quel divario che nel corso dei primi anni del regno dei Savoia si definirà coll’espressione di “questione meridionale”.
Sfogliando il libro, i più si sorprenderanno nel leggere che la “questione meridionale” che da qualche secolo arrovella i cervelli degli economisti e si cicatrizza sulla pelle dei poveracci (quelli di ieri, di oggi ed anche quelli di domani) non esisteva prima del Risorgimento e che il Regno delle Due Sicilie del vituperato casato dei Borbone era premiato appena pochi anni prima dello sbarco a Marsala di Garibaldi, nel 1856 per l’esattezza, a Parigi, nell’Esposizione Internazionale (oggi lo chiameremmo Expo!), il barbaro regno venne premiato come terza economia del mondo nello sviluppo industriale e prima d’Italia.
Chi può credere che nell’arco di quattro-cinque anni quella che era la terza potenza industriale, dotata di costituzioni e leggi all’avanguardia per l’epoca, potesse tramutarsi in quel postaccio primitivo descritto da prezzolati del calibro di Dumas e Nievo? Fu una guerra d’invasione (guerra non dichiarata, in spregio al diritto internazionale) ed è pertinente il professore Mainenti a paragonare quel che avvenne col Regno delle Due Sicilie con quanto avvenne in Polonia nel 1939, solo che allora nessuno prese a cuore la vicenda del popolo meridionale anche perché l’Inghilterra, dominus della politica internazionale, ebbe a fare una campagna stampa diffamatoria nei confronti dei Borbone.
Ho lasciato per ultima, la cosa che a tutti i meridionali dotati di spirito critico, sicuramente, farà più montare la rabbia, e cioè scoprire che a vendere il Sud ed a farne macello sono stati altri meridionali, traditori e corrotti, al soldo svalutato dei piemontesi, che per un vantaggio individuale hanno avuto il coraggio di distruggere i loro fratelli e di farne carne da macello; il professore Mainenti, ad onore della verità, scheda tutti personaggi ch’ebbero a cuore la loro sorte più di quella del loro popolo.
A questi truffatori ed assassini, a questi criminali risorgimentali sono state immediatamente dedicate le vie più importanti delle città ed erette statue al centro delle piazze, per cancellare con gli allori della mitologia e della retorica piemontese la verità sostanziale dei fatti; ma ad un uomo meridionale che fosse a conoscenza di tutto quello che è stato davvero il Risorgimento, come minimo, quando trovasi a passare di fianco ad una delle mille e più statue dedicate a Garibaldi dovrebbe quantomeno scappare un pernacchio, di quelli come li faceva il grande Totò. Quindi, per fare un pernacchio consapevole, consigliamo a tutti, di leggere il libro del professore Mainenti, uno che le cose di Sicilia, le conosce per davvero.