martedì 31 luglio 2012

Il Reale Albergo dei poveri






Napoli. Il Real Albergo dei Poveri, 
il grande cuore della Città.

di
Tonia Ferraro


Il Real Albergo dei Poveri, chiamato tradizionalmente dai napoletani ‘o serraglio, è la costruzione monumentale più grande di Napoli ed una delle maggiori del ‘700 in tutta l'Europa. Carlo III di Borbone, nel 1751, diede incarico a Ferdinando Fuga di progettare un edificio che ospitasse tutti i poveri del Regno.

L’ingegnere Fuga, nativo di Firenze, ideò una fabbrica mastodontica, articolata in pianta rettangolare, con cinque cortili lineari e la chiesa al centro, con pianta radiale a sei bracci; l'opera rimase incompiuta, per cui l’attuale estensione, che si sviluppa su una superficie di 103mila m², con più di 9 km di corridoi, oltre 430 stanze, una facciata lunga 354 metri (all’incirca cento metri in più del prospetto della Reggia di Caserta), con 20.000 m² di spazi all'aperto, è solo una parte del progetto originale di Fuga che, invece, prevedeva dimensioni ben maggiori: il prospetto doveva estendersi per 600 metri, con una larghezza di 135 metri.

La facciata si presenta lineare, con una scalea all’ingresso principale; sul timpano centrale è posto un orologio e sul fronte è posta l’iscrizione: «Regium Totius Regni Pauperum Hospicium».
La fabbrica non venne mai completata, vuoi per i costi altissimi, vuoi perché Ferdinando IV aveva una visione più lungimirante rispetto al padre: era convinto che quest’immensa opera caritatevole rimanesse fine a se stessa, e preferì dare un taglio più pratico al progetto: come per San Leucio, decise di impiantare un produzione manifatturiera. C’era bisogno di locali grandi dove collocare le macchine tessili; quindi, incaricò della realizzazione l'architetto Francesco Maresca, che eliminò i due grandi cortili laterali, previsti nell’idea originaria, riducendo il numero delle stanze per creare ambienti più ampi; le più grandi misurano 40 metri di lunghezza, e sono larghe ed alte 8 metri.

Nel 1819, comunque, i lavori vennero nuovamente sospesi, questa volta definitivamente.
Nel corso degli anni la fabbrica del Real Albergo dei Poveri ha avuto molteplici destinazioni: nata come Istituzione di Carità, voleva assicurare la sopravvivenza a circa ottomila tra giovani e mendicanti del Regno che non avevano lavoro né fissa dimora: offrire, dunque, un’alternativa alla strada. A partire dal 1802, si volle dare ai diseredati non solo i mezzi di sussistenza ma anche l'insegnamento di un mestiere che li avrebbe potuti rendere autosufficienti.

Nella Napoli “città rinascimentale”, Il Real Albergo dei Poveri divenne, dunque, centro rieducativo per giovani che, recuperati alla vita sociale, ricevevano l’avviamento pratico ai mestieri.
L’Albergo dei Poveri ebbe anche altre funzioni, come scuola per sordomuti; nel 1830 fu scuola di musica con insegnanti di valore come Caravaglios, Tribunale dei Minori, vero e proprio carcere ed archivio. Non perse mai del tutto, comunque, la sua originaria funzione assistenziale. 
Come centro di osservazione minorile, comprendeva due giardini, due palestre, l'infermeria, un refettorio con cucina, un'officina, un laboratorio artigianale, una scuola elementare e di psicotecnica, la direzione didattica e vaste camerate dove dormivano gli ospiti.

Gli ospiti venivano selezionati in questo modo: uomini, donne, ragazzi e ragazze, sistemati in settori rigorosamente separati. Le sale interne erano divise in“Pro Feminis et Puellis” e “Pro Viris et Pueris”, separando le ali in cui si svolgevano le attività: i maschi studiavano grammatica, matematica, musica, disegno o si dedicavano all’apprendimento di mestieri manuali come stampatore, sarto, meccanico, calzolaio o tessitore; le donne, invece, oltre che allo studio, erano rese pratiche nella tessitura e nella sartoria. 
I cortili laterali, adibiti a giardini, avevano campetti di calcio, palla a volo, un cinema, delle officine meccaniche, una palestra, un distaccamento dei Vigili del fuoco e l'Archivio di Stato civile. Nel 1938 la struttura ospitò alcuni rappresentanti del Congresso internazionale di criminologia. Nel 1929 furono registrati i primi crolli; poi, un terremoto del '43 provocò il distacco di alcuni solai. Nuovo crollo col sisma del 1980, in cui persero la vita quattro persone.
Nel 1981, la proprietà dell'edificio, quindi, passò al Comune di Napoli; dopo anni di degrado e di usi impropri, finalmente poteva ripartire il recupero, ed i lavori iniziarono nel 1999.

Attualmente, l’Amministrazione Comunale sta procedendo con i lavori restauro critico e recupero filologico; in alcuni ambienti già terminati vengono ospitate manifestazioni e spettacoli, ed è in programma di farne sede della “Città dei Giovani”, una struttura a disposizione della popolazione minorile del quartiere.
Inoltre, il programma comunale prevede che "... Intorno alle grandi corti del Real Albergo dei Poveri sarà possibile frequentare corsi di studio universitari o di specializzazione, fare teatro, musica, andare al cinema, accedere ad alloggi e atelier a prezzo contenuto, imparare un lavoro, fare sport, avere informazioni e accedere a servizi di assistenza per lo studio e il lavoro, trovare chi ha voglia di ascoltare, incontrare altri giovani provenienti da altri paesi".

L'opera, dunque, si inserisce in un contesto non lontano dalle finalità per le quali fu creata 
Sebbene sulla struttura attualmente gravino ancora vincoli giuridici, come quelli di destinazione socio-assistenziale e storico-artistica, l’opera di riqualificazione procede, nonostante i tagli al Bilancio comunale e la difficoltà oggettiva della ristrutturazione di un sito enorme come quello del Real Albergo, nato dal cuore caritatevole di Carlo III, valorizzato dalla mente pragmatica di Ferdinando IV e, purtroppo, mai terminata.


Fonte: ilmediano.it 

lunedì 30 luglio 2012

La Grancia dei Briganti




L'EVENTO
Tornano i briganti 
nel parco della Grancia


di EMANUELA FERRARA
La Gazzetta del Mezzogiono
del 29 luglio 2012


Cominciato come ogni anno il Cinespettacolo «La Storia Bandita» presso il Parco della Grancia. Rievocazione storica di una Basilicata in rivolta. Figura centrale, per tutta l’ora e mezza circa di vera emozione, Carmine Donatelli Crocco. Il brigante per eccellenza, quello che la televisione italiana ha voluto provare a descrivere, senza troppo successo, in una mini serie proposta dalla Rai. Chi meglio riesce a dare dignità al vero brigante è però proprio questo spettacolo che andrà in scena ogni venerdì e sabato fino al 15 settembre prossimo con l’aggiunta di ogni mercoledì a partire dall’8 agosto. 

Ai piedi della montagna su cui si erge Brindisi di Montagna, in un suggestivo anfiteatro naturale, la voce di Michele Placido e le splendide musiche, composte tra gli altri da Lucio Dalla egregiamente omaggiato in questa versione leggermente modificata, accompagnano lo spettatore in un vero e proprio viaggio nelle terre lucane tra il 1799 ed il 1861. «Per disprezzo ci chiamarono briganti … Calpestati ci vendicammo». Il cinespettacolo vuole essere un omaggio alla storia bandita, rimossa, liquidata da tutto e da tutti come una storia infamante. Eppure il brigantaggio lucano costò la vita a oltre 260mila persone. Un vero movimento di insurrezione delle masse e soprattutto dei poveri, delusi dalle promesse non mantenute dal nuovo Governo unitario. Una pagina di storia che dovrebbe essere degnamente tramandata ma di cui spesso si perdono le tracce. Inutile elencare i tanti effetti speciali grazie ai quali lo spettatore è letteralmente immerso nell’atmosfera. Giochi d’acqua, luce e guerriglia che sembra scoppiare realmente nella boscaglia. Oltre 400 comparse a rendere unica la più grande performance multimediale di teatro popolare d’Italia. Utile forse ascoltare i commenti di chi, di fronte al messaggio proposto di Libertà, si è emozionato. «Ci fu un popolo che insorse – diceva una donna seduta a guardare lo spettacolo – e noi che non siamo così tanto distanti da quelle condizioni socio-politiche ce ne stiamo fermi a guardare». Commento adeguato. Gli organizzatori possono ritenersi soddisfatti. Il Cinespettacolo oltre ad assicurare emozioni propone spunti di riflessione. Cosa da non poco conto in periodi di magra come questo. E se la maggior parte dei commenti sono positivi, qualche piccolo appunto arriva dagli affezionati di questo spettacolo. Quest’anno qualche lieve modifica è stata apportata, ma in linea di massima il Cinespettacolo funziona nella stessa maniera da ben 12 anni. Una ventata di novità non potrebbe che far bene e far crescere i numeri, già importanti, del pubblico. Ma questo, assicurano gli organizzatori, è stato una sorta di nuovo anno zero. Un nuovo anno di test. Lo staff organizzativo è infatti cambiato e la gestione completamente passata nelle mani del Comune di Brindisi di Montagna e dell’associazione Grancia Sviluppo. Le idee in cantiere sono interessanti. Tanto per iniziare, pensare di mantenere aperto il parco, con tutte le sue attività, per un periodo più lungo, iniziando già in primavera per poter lavorare anche con le scuole. Insomma, tradizione ed innovazione per portare alla ribalta la storia dimenticata. 






venerdì 27 luglio 2012

Razzismo antimeridionale in TV






ANSA - 27 luglio 2012

Tv: Neoborbonici contro Garfield, 
razzismo antimeridionale

Diffida a produttori cartoon


(ANSA) - NAPOLI, 27 LUG - I Neoborbonici accusano di razzismo antimeridionale il cartone animato americano ''Garfield'' e chiedono ai produttori del ''cartoon'' per ottenere la modifica del doppiaggio di un' episodio e le scuse ai meridionali. La polemica nasce da un episodio della serie animata ''The Garfield Show'' trasmesso il 25 luglio da ''Boing Tv''. Nell' episodio un gatto ladro viene doppiato con uno spiccato accento napoletano.

Il ''Movimento Neoborbonico'' ed il ''Parlamento delle Due Scilie'' hanno inviato una diffida ai responsabili di ''Boing Tv'' ed alla produzione Usa di ''The Garfield Show'' con la richiesta di scuse nei confronti dei napoletani e di modifica del doppiaggio.


------------


In un episodio del famoso cartone in cui è protagonista un gatto (“Garfield show”) trasmesso da Boing TV il 25 luglio, un “avversario” di Garfield è impersonato da un gatto (ladro) che parla con un chiarissimo accento napoletano. Il Movimento Neoborbonico e il “Parlamento delle Due Sicilie – Parlamento del Sud”, gruppo di azione civico-culturale, hanno inviato ai responsabili statunitensi della produzione e del canale italiano, una richiesta di scuse e di rettifica del doppiaggio:


si tratta dell’ennesimo intollerabile episodio di “razzismo antinapoletano” frutto dei più abusati luoghi comuni tanto più dannoso se si pensa che è rivolto ad un (vasto) pubblico di bambini italiani e stranieri. Napoli e il Sud hanno la necessità e l’urgenza di ritrovare (dopo oltre 150 anni) il rispetto, l’orgoglio e la dignità troppo spesso cancellati da episodi solo apparentemente secondari.
A differenza del canale italiano che, per ora, non ha espresso pareri, pronta e corretta la risposta della produzione statunitense che, in una nota dell’addetta alle pubbliche relazioni, ha dichiarato di avere avviato un’inchiesta e di essere disponibile, in caso di riscontri positivi, ad eliminare dalla programmazione l’episodio “incriminato”. Allegate le mail in oggetto.


Ufficio stampa 347 8492762




La protesta neoborbonica e del "Parlamento delle Due Sicilie" in tutto il mondo... Rassegna stampa parziale: http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/campania/2012/07/27/Tv-neoborbonici-contro-Garfield-razzismo-antimeridionale_7244552.html




http://www.ilmattino.it/articolo.php?id=210726&sez=LEALTRE


http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2012/27-luglio-2012/garfield-cartoon-pericoloso-nemico-napoli-neoborbonici-diffidano--2011196092830.shtml


http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/campania/2012/07/27/Tv-neoborbonici-contro-Garfield-razzismo-antimeridionale_7244552.html


http://notizie.tiscali.it/feeds/12/07/27/t_01_01_2012-07-27_127805396.html?ultimora


http://www.metropolisweb.it/Notizie/Campania/Cronaca/garfield_parla_napoletano_neoborbonici_si_scatenano_razzismo.aspx


http://teleradionews.wordpress.com/2012/07/27/tv-neoborbonici-contro-garfield-razzismo-antimeridionale-2/


TESTO DELLA LETTERA INVIATA ALLA PRODUZIONE-USA
TO Kim Campbell, Director of Public Relations
I’m the legal representative of an Italian cultural association, and point out that in an episode of the “Garfield show” aired on Italian channel (Boing TV, July 25, h. 3.30 p.m.) one of the “leading enemies” of Garfield (and thief) speaks the language of Naples and this isn’t educational for our children by sending a racist message against Neapolitan people. Unless appropriate apologies and corrections we invite our members to boycott the board and the TV channel. Thanks and regards.  Prof. Gennaro De Crescenzo, Movimento Neoborbonico, “Parlamento delle Due Sicilie” 
RISPOSTA DELLA CASA DI PRODUZIONE DI GARFIELD  Sir, thank you for calling this to my attention.  I am sorry to say that I'm not sure what episode you are referring to.  I would like to look at the script and animation to see what it is that offends. Do you have any idea what the name of the episode was, or a brief idea as to the storyline?  We have done 156 episodes -- and in each one we try our best to be entertaining.  I can assure you if there is offensive or racist material it was unintended. Best wishes. Kim Campbell P.S. I see you have already published your criticism on your website.  Do you not think it fair to give me a chance to respond and to examine exactly what it is you are speaking of? I would appreciate you removing this post from your website.  I can tell you that if the content is offensive the show will be removed from our line-up. Until I have a better idea what it is that is offensive, I cannot offer a remedy. Sincerely.


CONTRO-RISPOSTA DEL MOVIMENTO NEOBORBONICO E DEL “PARLAMENTO DELLE DUE SICILIE”  Dear Ms. Campbell, I appreciate your response: in Italy it is rare the correctness with which she has responded on this very sensitive issue. Immediately publish your answer on our site: the content is definitely a "racist" because clearly there is a cat burglar who speaks the language of Naples and all other speaking an italian normal language: I do not know the episode title. In the plot Garfield and a friend were wrongly accused of stealing meat from a guy who calls the dog catchers. Only at the end it turns out that garfield is innocent and the cat (Neapolitan) is "arrested" ... Sincerely. Gennaro De Crescenzo







giovedì 26 luglio 2012

Eduardo De Crescenzo - Nuovo album







TRA CASERTA E PORTICI

De Crescenzo, nuovo disco live nei luoghi borbonici: da San Leucio a Pietrarsa
Il cantautore termina a settembre le registrazioni del suo album dal vivo cominciate al teatro San Carlo di Napoli.


Eduardo De Crescenzo torna sul palco per registrare il nuovo album, il 6 settembre a Caserta, al Real Belvedere di San Leucio e il 14 settembre a Portici nel Museo Nazionale Ferroviario di Pietrasanta. I due live ultimeranno le registrazioni dell'album iniziate lo scorso 11 giugno al Teatro San Carlo di Napoli, in uscita nel prossimo autunno. Gli eventi sono patrocinati dal Comune di Caserta e di Portici, con Ferrovie Dello Stato Italiane.


Annunciato dall'artista stesso come personale bisogno di ritrovare «l'essenza dell'emozione», condividendola con i musicisti che sono con lui sul palco e naturalmente con il pubblico, questo live rappresenta un approccio nuovo con la sua musica che lascia respirare l'emozione che l'arte genera in ognuno di noi. Insieme sul palco a Marcello di Leonardo (batteria), Enzo Pietropaoli (contrabbasso), Stefano Sabatini (pianoforte), Daniele Scannapieco (sassofono), Lamberto Curtoni (violoncello).
De Crescenzo tornerà in concerto il 21 marzo 2013 al Sistina a Roma. Dopo l'entusiasmo suscitato dal suo rientro sulle scene la scorsa primavera con le «Anteprime» al Blue Note di Milano e alla Casa del Jazz e con la «Prima» al Teatro San Carlo di Napoli con cui ha registrato il «tutto esaurito», raccolto applausi a scena aperta e l'apprezzamento del pubblico e della critica, De Crescenzo torna dunque con altre due date del suo Essenze Jazz.




FONTE:
CORRIERE DEL MEZZOGIORNO
18 luglio 2012




mercoledì 25 luglio 2012

Il Museo dell'Emigrazione a Napoli



Tra i primi obiettivi del nostro Movimento, vi era la realizzazione di un museo proprio in quei luoghi che videro la grande tragedia dell'emigrazione: la Stazione Marittima di Napoli. 



Aspettando il museo 
dell'emigrazione di Napoli

Il nuovo progetto di Riqualificazione del Porto di Napoli continua la sua "odissea". Tra le tante iniziative di ristrutturazione, il restauro del Molo dell'Immacolatella Vecchia, luogo ideale per omaggiare i nostri emigranti.

Che Napoli si leghi indissolubilmente al fenomeno dell’emigrazione di massa è risaputo, anzi, Napoli, più di ogni altra città italiana, incarna il mito dell’Emigrante italiano. I suoi figli lasciarono per secoli la città alla volta di terre nuove, in cerca di fortuna. Le canzoni nostalgiche, il rimpianto mare di Santa Lucia e la voglia di cambiare vita, accompagnarono per generazioni le tante navi, a vela e a motore, dirette a New York o a Buenos Aires.
Da Napoli gli emigranti del Sud Italia poterono imbarcarsi sognando l’America ed è a Napoli che l’emigrazione italiana assunse proporzioni colossali, continuando ben oltre agli anni a cavallo tra il XIX e XX secolo, fino ai giorni nostri. Non a caso oggi la parola napoletano si accompagna spesso alla parola emigrante, come sottolineava Massimo Troisi nel suo celebre Ricomincio da tre. È qui, più che a Roma o a Milano, che un Museo dell’Emigrazione avrebbe veramente senso.
 Per questo motivo, rientra nel progetto di Riqualificazione e Ammodernamento dell’area monumentale del Porto di Napoli, l’idea di trasformare il vecchio Molo dell’Immacolatella in un Museo dell’Emigrazione. Era giusto così, Napoli meritava il suo “monumento all’emigrazione di massa”. La scelta del vecchio molo, inoltre, non è casuale. 
È da qui che molti emigranti partirono alla volta delle Americhe. Abbandonato da anni, l’edifico, costruito nel corso del Settecento, fu infatti uno degli approdi napoletani attivi prima del 1932, quando l’attuale Stazione Marittima monopolizzò l’attracco delle navi.
Non poteva essere altrimenti. L’idea era venuta già molti anni fa, ma è solo grazie ai finanziamenti europei per la ristrutturazione dell’area portuale di Napoli, che il progetto, è il caso di dirlo, andrà in porto. Al museo del Molo Immacolatella, forse il più sentito di Napoli, sarà possibile consultare, grazie alle moderne tecnologie, l’Archivio Emigranti Italiani nel Mondo, l’archivio del Centro Internazionale Studi Emigrazione Italiana (CISEI) e il registro degli arrivi di Ellis Island. E non solo. Il percorso di visita ripercorrerà la storia dell’emigrazione italiana e napoletana attraverso soprattutto immagini e suoni, che coinvolgeranno i visitatori.
Un progetto che si ispira in gran parte al Museo multimediale dell’Emigrazione Italiana di Roma, al Vittoriano, dove a pochi e scelti pezzi da collezione (tra cui bauli, valigie, foto, cartoline e manifesti pubblicitari dell’epoca) si affiancano video tratti dagli archivi Rai e canzoni della tradizione italiana, in maggioranza napoletane.
Questo a dimostrazione che Napoli è e resta il centro e il simbolo della storia dell’emigrazione italiana; il luogo più rappresentativo, con il suo vecchio molo, per ospitare un museo a ricordo dei nostri emigranti. La maggior parte dei quali, con occhi languidi, lasciarono per sempre l’amata patria Italia e ancor più a malincuore quel golfo la cui luna lasciava appena intravedere, per l’ultima volta, la loro perduta Napoli.


FONTE: ilmediano.it del 25 luglio 2012.









martedì 24 luglio 2012

Trivellazioni ai Campi Flegrei






IL NO DEL MOVIMENTO NEOBORBONICO
al programma di ricerca nel sottosuolo napoletano



Napoli, 23 lug. - (Adnkronos) - Raggiungere i quattro chilometri di profondità ed entrare nelle profondità del vulcano dei Campi Flegrei partendo dall'ex area industriale dell'Italsider di Bagnoli, zona occidentale di Napoli. In questo consiste il 'Campi Flegrei deep drillig project', programma internazionale coordinato dall'Istituto di geofisica e vulcanologia - Osservatorio vesuviano, approvato e finanziato dall''International continental drilling program', consesso scientifico mondiale che opera nel campo delle perforazioni profonde.
Il progetto era pronto a partire già nel 2010 quando però fu bloccato dall'allora sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino a causa del fattore di rischio che tale operazione comportava. "Senza la certezza che non ci sono pericoli non si trivella da nessuna parte. Quando si va a 'sfruculiare' un terreno vulcanico bisogna assicurarsi che non succeda nulla", dichiarò Iervolino. E anche oggi c'è chi si dichiara contrario al progetto e promette di fare di tutto per impedire che le trivelle inizino a scendere giù nelle viscere della terra.
Il 'Campi Flegrei deep drilling project' consisterà nella realizzazione di un pozzo pilota a 500 metri di profondità, cui seguirà quello che raggiungerà in seguito i 4 chilometri se ci sarà la possibilità di raggiungere liquidi geotermici ad alta temperatura utilizzabili per studiare il sottosuolo e per produrre energia pulita e rinnovabile. Questo nelle intenzioni manifestate dall'Ingv, contro le quali si alza la voce di parte della comunità scientifica e del mondo delle associazioni e dei movimenti napoletani.
"C'è differenza tra pericolo e rischio: quest'ultimo è legato alla popolazione esposta e l'area che sarà soggetta alla perforazione presenta un rischio enorme", dichiara all'ADNKRONOS il professor Benedetto De Vivo, docente di Geochimica ambientale alla Federico II di Napoli. "Queste operazioni non si fanno nelle città - aggiunge - non c'è nessun rapporto costo-beneficio che giustifichi il vantaggio presunto dell'operazione, quale esso sia. Bisogna smetterla con il mito della scienza e dell'infallibilità della tecnologia, la natura non siede ai nostri tavoli scientifici e non risponde dei nostri calcoli del rischio".
La ricerca, sottolinea, apparirebbe inutile in quanto "dei Campi Flegrei si sa già tutto grazie alle perforazioni effettuate dall'Agip negli anni '70 e '80, e sappiamo che non si può ottenere energia a causa della composizione dei fluidi ad alta salinità". Il Dipartimento di Scienze della terra della Federico II, aggiunge, "ha chiesto notizie specifiche al sindaco sul progetto, ma senza ricevere alcuna risposta. In assenza di un piano di evacuazione qualcuno deve assumersi la responsabilità di rispondere delle conseguenze, anche se la probabilità è bassissima".
Il dibattito ha coinvolto anche gli ambienti interni del'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia: Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell'Osservatorio vesuviano, ha posto l'attenzione sulla mancanza di un piano di emergenza, che preveda oltre al rischio sismico anche quello vulcanico e industriale, parlando di "azzardo" nella perforazione di un'area della quale "abbiamo molte informazioni" ottenute attraverso le trivellazioni dell'Agip.
"Chi decide di autorizzare in un'area densamente popolata decide in modo arbitrario che la collettività possa essere esposta a un rischio, e non so se la cittadinanza sia d'accordo considerando che non esiste un piano di emergenza", ha dichiarato Mastrolorenzo. Per l'Ingv, che ha risposto a quanto affermato dal vulcanologo attraverso un comunicato, il progetto è "di pura ricerca scientifica" e "ha come obbiettivo la mitigazione del rischio vulcanico nell'area flegrea attraverso un sostanziale miglioramento della conoscenza della struttura vulcanica e dei meccanismi di attività, con particolare riguardo ai fenomeni bradisismici, attraverso l'installazione in pozzo di sistemi di monitoraggio innovativi".
Nessuna necessità di un piano di emergenza per "un carotaggio di 500 metri", sostiene Ingv, nonostante sulla prima fase del progetto siano poche le perplessità della comunità scientifica, a differenza della seconda, che si propone di raggiungere i 4 chilometri di profondità. Il chiarimento non ha convinto associazioni e movimenti che si stanno opponendo al progetto di perforazione.
Il progetto 'Salviamo i Campi Flegrei - No alle trivellazioni' si raccoglie intorno all'impegno del cantante Eddy Napoli, al secolo Eduardo De Crescenzo, con in prima linea i Verdi, Insorgenza civile, il movimento Vanto, Comitati Due Sicilie, Movimento Neoborbonico, Comitato civico Fuorigrotta vivibile, Insieme per la rinascita e L'altoparlante.
Insieme, venerdì 27 luglio, terranno una conferenza stampa al Gran Caffè Gambrinus per spiegare le ragioni dell'opposizione al 'Campi Flegrei deep drilling project' e presentando nuove azioni di protesta.
Da par suo Carmine Attanasio, consigliere comunale di Napoli dei Verdi, annuncia di portare un ordine del giorno sull'argomento in occasione della riunione del Consiglio del 25 luglio, nonostante la discussione sul progetto non sia stata calendarizzata. Il commissario regionale campano dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, sottolinea all'ADNKRONOS che "l'autorizzazione al progetto da parte della Protezione civile nazionale non esiste. Hanno piuttosto confermato che non c'è un piano di evacuazione, necessario in casi di interventi su una delle caldere tra le più pericolose al mondo".
Borrelli ricorda inoltre che "non era questo il futuro che si era descritto per Bagnoli: si parlava di recupero del lungomare, di un porto e del canale per le barche a vela. Oggi ci ritroviamo con la proposta da parte del Comune della realizzazione di un sito di compostaggio e con le trivellazioni, una situazione surreale".




lunedì 23 luglio 2012

Casalduni ricorda




Domenica 29 Luglio a 
CASALDUNI




Ore 17.30 convegno "La scoperta del Risorgimento" presso l'Auditorium "Aldo Moro" con Gennaro De Crescenzo, Presidente del Movimento Neoborbonico e Giuseppe Esposito, Redattore di "Polemologia per Nomos". 
Coordina Giuseppe Nardocci, giornalista parlamentare.

Ore 19.30 circa la grande rievocazione dei fatti di Casalduni del 1861. Una manifestazione unica e di rappresentazione del momento storico nelle vie di Casalduni con gli episodi della morte del Ten. Bracci e dei 41 bersaglieri, la presa del paese da parte della colonna dell'esercito guerrigliero irregolare di Cosimo Giordano e poi la repressione di Cialdini con la riconquista del paese e l'eccidio della popolazione.

Ore 21.30 circa l'incendio del paese: spettacolo di fuochi pirotecnici con l'incendio del paese e del Castello dei Sarriano.




sabato 21 luglio 2012

Pellegrinaggio della Perdonanza a Itri





Quest’anno i festeggiamenti per la Madonna della Civita a Itri vivranno un momento importante:  durante la Messa Pontificale di Domenica 22 Luglio, alle ore 11.30, dopo più di 200 anni viene celebrato il rito del “Pellegrinaggio della Perdonanza”.

Una rappresentanza della delegazione Sicilia del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio si recherà, unitamente alla delegazione del Lazio, in pellegrinaggio in segno di atto di fede alla Madonna della Civita, ripercorrendo un rito ultrasecolare. I Signori Cavalieri saranno presenti alla Santa Processione offrendo la loro Fede a Maria e rendendogli omaggio al rientro, in un momento di grande commozione e partecipazione, seguirà la SS Messa Ponteficiale. Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio intende ristabilire il rapporto speciale di devozione da sempre dimostrato rispetto alla Madonna della Civita, attraverso il ripristino del Pellegrinaggio della Perdonanza. Grazie alla sensibilità ed all’operato del Prof. Avv. Franco Ciufo, Delegato Vicario per il Lazio del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, una delegazione Siciliana dell’Ordine si recherà in pellegrinaggio ad Itri, creando un gemellaggio speciale fatto di comunanza di Fede. Tutto questo accade quest’anno, nel 1700° anniversario della nascita del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, ordine equestre dinastico proprio della Real Famiglia di Borbone delle Due Sicilie di Napoli.
Grande sarà la commozione per il ristabilirsi di un antichissimo rito, e nello scambio ideale di guardia tra i Cavalieri Costantiniani del Lazio e quelli della Sicilia, durante la Festa della Madonna della Civita di quest’anno.

Un po' di storia: I Borbone, La Madonna della Civita e la Perdonanza. Il culto della Madonna della Civita è antico ed ha radici che si mescolano con la leggenda. Quello che è certo è che il culto tributato alla Vergine d’Itri va ben al di là dei semplici confini cittadini. La leggenda vuole che, durante il dominio a Costantinopoli dell’Imperatore Isaurico nel VII secolo, due monaci basiliani furono trovati in possesso dell’Icona di Maria SS della Civita e per questo chiusi in una cassa, assieme al SS Quadro e gettati in mare. Questi, dopo un lungo naufragio, furono ritrovati salvi a Messina. Il quadro stazionò poco in Sicilia, dove sparì per essere ritrovato prima a Gaeta e poi ad Itri. Non ci fermiamo, in questa sede, a sviscerare questa storia già raccontata ed illustrata dai molti scrittori che negli anni se ne sono occupati.
Il particolare che vogliamo studiare più approfonditamente è il rapporto tra Culto devozionale e territorio. Molti sono i fedeli devoti alla Madonna della Civita, che ogni anno raggiungono il Santuario da molti paesi, più o meno limitrofi, come: Formia, Gaeta, Maranola, Lenola, Minturno e persino Sessa Aurunca e Cellole. Testimonianze ci raccontano di impervi pellegrinaggi, a bordo di imbarcazioni a remi, da Ponza, prima della costruzione sull’Isola di una Chiesa dedicata a Maria Vergine. Forse la testimonianza di fede più remota viene dal racconto, confermato dal noto scrittore e storico Sir Harold Acton nel suo “I Borboni di Napoli” del 1984, di pellegrini provenienti da Messina. Questi, dice la leggenda, affrontavano il lunghissimo viaggio nel Rito della Perdonanza. Per scontare, cioè, le colpe dei loro peccati che avevano provocato l’allontanamento della Vergine dalla loro Isola. Il rito nel tempo è andato perso ma la Madonna di Costantinopoli o d’Itri, divenne così celebre in tutto il Sud Italia.
Non mancarono infatti, negli anni, neanche Papi e Re all’altare della Miracolosa Madonna. Ricordiamo la visita, il 10 febbraio 1849, di papa Pio IX che, esule a Gaeta, si recò al Santuario. Con Lui, Re Ferdinando II di Borbone e tutta la Famiglia Reale al gran completo. Questa testimonianza è ricordata nello splendido dipinto che orna il soffitto della Chiesa nel Santuario. Per quell’occasione il Re si adoperò a far costruire la Via Civita Farnese, importantissima per il futuro sviluppo del Santuario e per gli scambi con gli Abruzzi.
La Corte borbonica si occupò del Santuario in altre occasioni. Ricordiamo i Real Decreti per l’assegnazione dello stesso a due diverse istituzioni religiose. Con il Decreto n.5464 del 25 Luglio 1839, Re Ferdinando II, affida il Santuario ai Padri Passionisti. Ed ancora con Decreto n. 4719 del 19 Gennaio 1858 si revoca tale concessioni in favore della Congregazione dei Sacri Cuori di Gesù e Maria. Anche il beato Papa Pio IX si occupò di nuovo della Vergine d’Itri nel 1877 sottoscrivendo il decreto per la seconda incoronazione della Civita, coniando per l’occasione anche una medaglia ricordo.






venerdì 20 luglio 2012

Genocidio - La denuncia al Tribunale internazionale





“Genocidio” 

Nuovo importante libro-dossier al Tribunale dell’Aja


Stefano Pellicanò, nativo di Reggio e residente a Crotone (calabrese doc), già autore di diversi testi legati alle scienze mediche, è l’autore di una recentissima pubblicazione storica di grande rilievo: “Genocidio. La conquista del Regno delle Due Sicilie: la grande mistificazione, il dolore della memoria, il ricordo dopo l’oblio” (Calzone Editore; info: calzone.editore@libero.it). 
Il testo è davvero un testo importante per la ricostruzione della verità storica: una sintesi appassionata e documentata di tutti i complessi e delicati passaggi dal Regno delle Due Sicilie all’Italia unita. Dalla situazione politica ma anche culturale dell’Ottocento alle storie “incrociate” del regno sabaudo e di quello borbonico con le sue attività  economico-finanziarie e i suoi primati fino alle conseguenze non del tutto conosciute di una falsa “liberazione”, tra saccheggi, deportazioni e massacri dimenticati, con “nomi e cognomi” degli artefici di veri e propri “crimini contro l’umanità”. Arricchiscono  il testo numerose immagini, tabelle e box di approfondimento oltre ad un consistente, completo e prezioso apparato bibliografico. 
Nota a margine ma di grande rilievo: il dr. Pellicanò ha inviato il suo dossier al Tribunale Penale Internazionale dell’Aja con una dettagliata richiesta di intervento ai sensi degli articoli 5, 6, 7, 8 e 9 dello Statuto di Roma per “aggressione senza dichiarazione di guerra, genocidio e crimini di guerra a carico (a titolo postumo) degli artefici e degli istigatori”. Una richiesta che sia il Movimento Neoborbonico che il “Parlamento delle Due Sicilie - Parlamento del Sud” approvano e sostengono nell’attesa di una adeguata risposta da parte degli organi sovranazionali coinvolti.
  





giovedì 19 luglio 2012

La Ferrovia del Cilento in miniatura





La stazione ferroviaria di Vallo della Lucania: un piccolo gioiello nascosto nel Museo di Pietrarsa

di 
Laura Del Verme

3 ottobre 1839, Ferdinando II di Borbone e la sua corte al completo percorrono, trainati dalla locomotiva Vesuvio, il bellissimo tratto di costa che va da Napoli a Portici con il primo treno a vapore d’Italia. Una statua in ghisa, collocata nel piazzale del complesso, mostra re Ferdinando nell’atto di indicare il luogo dove costruire le prime officine ferroviarie, tributando un meritato onore al suo illuminato operato.
Oggi, nei capannoni industriali delle antiche officine borboniche di Pietrarsa, rivivono locomotive e carrozze, moderni gioielli, che fanno la felicità di adulti e bambini fin dal 1989, anno in cui è stato inaugurato il Museo Nazionale delle Ferrovie dello Stato. Quasi due secoli di storia delle ferrovie italiane risorgono in questi splendidi edifici, riadattati per ospitare il primo nucleo industriale del nostro paese. E per un secolo, fino alla seconda guerra mondiale che ne segnò il declino, hanno svolto un ruolo fondamentale nell’industria ferroviaria italiana ottenendo anche ambiti riconoscimenti internazionali.


In tutto questo immenso complesso che copre quasi 36mila metri quadrati, di cui 14mila coperti, articolato in padiglioni e settori in cui sono esposte locomotive, littorine, diverse tipologie di carrozze, attrezzature, riproduzioni fedeli e modellini di stazioni ferroviarie, trenini e navi, si leggono le storie anonime di tanti ferrovieri appassionati che hanno curato gli arredi di questo opificio per decenni, e senza che nessuno gliene desse merito. Operai ed impiegati per anni hanno coltivato una contagiosa passione per il modellismo, riproducendo i luoghi da loro più amati, nei ritagli di tempo. Hanno così costruito circa venticinque plastici di interi comparti ferroviari che, realizzati con cura, passione e perizia, comunicano ancora una grande emozione. Uno di questi, rimasto anch’esso anonimo, ricostruisce con un livello di dettaglio davvero impressionante, la piccola stazione di Vallo della Lucania che troneggia accanto al ben più famoso plastico “Brunetti” meglio noto come plastico del “Trecentotreni”.  Completo di arredi, lungo ben 18 metri, con i suoi 13 binari per gli arrivi e le partenze dei treni, provvisti di tutti i particolari: pensiline, banchine, quadri orari, scalo merci con numerosi autocarri, relativi fabbricati di servizio, incanta i visitatori, illustrando il funzionamento di una grande stazione di testa con relativo fabbricato viaggiatori, ispirata a Firenze S. Maria Novella.

Se oggi, questo luogo, è meta di tanti visitatori ed appassionati collezionisti, è anche un po’ merito dei tanti operai che l’hanno attraversato e che, con un lavoro silenzioso ed anonimo, hanno edificato, senza esserne coscienti, l’anima di uno dei più importanti centri di archeologia industriale d’Europa e polo nazionale di cultura ferroviaria.


FONTE: Il Giornale del Cilento del 5 luglio 2012









mercoledì 18 luglio 2012

Carditello verso la nuova asta





Reggia di Carditello: 
verso l'asta con il timore della proposta



Da radio Carditello prime indiscrezioni circa una proposta di acquisto che si aggira intorno ai 7 milioni di euro, Cimmino: "Non possiamo perdere il Real Sito"

SAN TAMMARO - Il ‘caso Carditello’ continua a tenere banco, grazie anche al fatto che, le ripetute aste fallimentari, fino a questo momento, siano andate deserte. Sono in tanti infatti, a domandarsi il perché delle battute a vuoto; mancano i soldi, mancano i progetti o c’è chi naviga sott’acqua per poi uscire allo scoperto al momento opportuno? Sarà la storia del procedimento giudiziario, a darci queste risposte. Intanto, filtrano le indiscrezioni. Secondo i bene informati infatti, sembra aleggi una proposta di acquisto per sette milioni di euro; l’indiscrezione però, non sembra trovare conferme e non è accompagnata da riferimenti ai progetti che dovrebbero seguire la eventuale proposta di acquisto. 
Chi conosce a fondo la genesi della fattoria borbonica, sostiene che occorrerebbe prendere in considerazione, quei progetti votati alla naturale prosecuzione dell’idea originaria che ne ispirò la riconversione da luogo di svaghi e riposo, a impianto produttivo agrario e zootecnico. La Real Tenuta infatti, era governata da una moderna visione della zootecnia, emancipata dalla grande disciplina che seguiva la produzione derivante dall'allevamento e dallo sfruttamento sostenibile, degli animali da latte. Era un’azienda agricola che precorreva i tempi, avvolta da migliaia di ettari a pascoli e coltura, che coniugava la quotidiana attività di una moderna masseria, alla sperimentazione di nuove tecniche agrarie e che aveva raggiunto il suo punto di maggior successo, nella selezione di pregiate razze equine, che suscitarono le invidie degli inglesi, dai Borbone, superati anche in questo. Per tale ragione, Re Carlo, emanò il divieto di vendere le razze equine duo siciliane, fuori dai confini del regno; era un modo per proteggere i segreti custoditi nella fattoria di Carditello visto che, a quanto pare, lo spionaggio industriale, era forte anche all’epoca. Giovedì 19, altra giornata di fibrillazione per gli appassionati di Carditello: “Noi non possiamo e non vogliamo perdere il nostro simbolo migliore – dice il sindaco di San Tammaro, Emiddio Cimmino – come non possiamo correre il rischio che cada in mani sbagliate e non mi riferisco solo alla camorra che, anche in questa storia, è usata da molti come alibi. Mani sbagliate – prosegue il primo cittadino – sono anche quelle di coloro che hanno dalla loro i soldi e le giuste aderenze ma che non sanno nulla del nostro territorio e della nostra storia, alla quale potrebbero persino essere assolutamente disinteressati. La mia battaglia è per la salvaguardia della fattoria borbonica ma anche di tutto il territorio circostante.” La speranza dei più è che, presto, tutti i mercanti vengano cacciati dal Tempio affinchè, in un ideale abbraccio nel tempo, la Real Tenuta, possa riprendere il suo cammino, là dove è stato interrotto.

Fonte: Interno18 laboratorio di informazione - 17.07.2012









martedì 17 luglio 2012

E' ora di dire basta




Il Sud è strangolato dal Nord: 
è ora di dire basta 

di 
Pierluigi Zanata


"Anche noi abbiamo una Grecia al collo che ci sta strozzando, una Grecia che abbiamo sempre mantenuto. E' il momento di dire basta". Così Maroni dal palco del congresso federale del Carroccio, ad Assago, riferendosi al Sud Italia. Maroni propone di andare "oltre" il federalismo fiscale e annuncia: "Entro luglio convocheremo gli Stati generali del Nord". Poi dice: sindaci e governatori "devono diventare i nostri guerrieri". Il povero Bobo Maroni dovrebbe studiare di più. Soprattutto dovrebbe studiare la storia dal 1861, anno dell’ Unità d’ Italia, fino ad oggi.

Se il Sud è Grecia lo è per colpa del Nord. 
Se il Sud è Grecia, come afferma il segretario federale della Lega, lo è per colpa del Nord, di quella Padania che non esiste. Negli anni preunità  il Nord era pieno di debiti, mentre il Regno delle due Sicilie, quel Sud tanto detestato da Maroni, era pieno di soldi. I titoli di Stato del Piemonte – la Lombardia e il Veneto erano sud dell’ Austria – alla Borsa di Parigi, quotavano il 30 per cento in meno del valore nominale; quelli del secondo, il 20 per cento in più. Al sud, con un terzo della popolazione totale, c’era il doppio dei quattrini che nel resto d’Italia messo insieme. Prima dell’Unità il Sud era la locomotiva economica della Penisola.

L'impoverimento del Sud. 
L’impoverimento del Meridione per arricchire il Nord, scrive il collega Pino Aprile nel suo ‘’Terroni’’, non fu la conseguenza, ma la ragione dell’Unità d’Italia. La ragione dei pratici. "O la guerra o la bancarotta’’, scrisse il deputato cavouriano Pier Carlo Biggio, nel 1859, nel libretto ‘’Fra un mese’’.


Le Banche del Nord espropriarono il Sud.
Il segretario della Lega, legga e studi "L‘ invenzione del mezzogiorno. Una storia finanziaria’’, dello storico Nicola Zitara, e apprenderà  come, manu militari, il capitale, gli affaristi e le banche  del Nord abbiano espropriato il Sud delle sue banche, che costituivano lo scheletro creditizio dell’ economia meridionale e, tra l’ altro, del primo capitalismo italiano. Colonialismo, non in terre selvagge, ma di conquista di terre competitive con il Nord; un Nord dove la condizione economica era pessima. 

Vedere i dati Istat. 
L’ Istat, che ha ricostruito i dati dei quegli anni, è una buona fonte di studio. Ottime fonti di studio sono anche "Il divario Nord Sud in Italia – 1861-2004’’ di Vittorio Daniele e Paolo Malanima, del Cnr, "Gli aspetti della crescita industriale post unitaria’’ della Banca d’ Italia, le pubblicazioni  "150 anni di statistiche italiane: Nord e Sud 1861-2011, della Svimez e "150 anni di economia’’ dell’ Unione delle Camere di Commercio.

Terra di conquista.
Bobo Maroni, legga e studi "Dagli Apennini alle Ande’’ dell’ economista Luciano Vasapollo. Apprenderà che  "il Meridione italiano, è stato usato – in un secolo e mezzo di storia postunitaria – alle  esigenze del Nord del paese, adoperato di volta in volta come serbatoio di braccia contadine necessarie al decollo industriale (del  Nord, nda), come terra di conquista per la dislocazione delle industrie a maggiore impatto ambientale e, infine, come discarica sociale e ambientale governata dalle economie criminali’’.

Il contributo del Sud.
Compiuta l’unità, si fece cassa comune (una piena l’altra vuota) e con i soldi del Sud si pagarono i debiti del Nord: al tesoro circolante dell’ Italia unita, il Regno delle due Sicilie, cioè il Sud (quella da Maroni definita la Grecia al collo del Nord), contribuì con il 60 per cento dei soldi, la Lombardia (patria del cosiddetto padano Maroni) con l’ 1 e uno sputo (copyright Aprile) per cento, il Piemonte con il 4, ma oltre la metà del debito.  Negli stati appena annessi all’ Italia nascente, appena arrivavano quelli del Nord spariva la cassa, ma nulla di paragonabile alle razzie e ai massacri compiuti al Sud.

Le casse del Sud sanarono il deficit del Nord.
"L’ex Regno delle due Sicilie, quindi – scrive lo storico Vittorio Gleijeses nella ‘Storia di Napoli’ – sanò il passivo di centinaia di milioni di lire del debito pubblico della nuova Italia e, per tutta ricompensa, il Meridione, oppresso dal severissimo sistema fiscale savoiardo, fu declassato quasi a livello di colonia’’. I meridionali, inoltre, sono stati obbligati a rifondere pure le spese affrontate per la loro liberazione. Tanto agognata, scrive Pino Aprile in "Terroni’’,  che ci vollero anni di occupazione militare, stragi, rappresaglie, carcere, campi di concentramento (giustamente se preferisci non essere libero…), esecuzioni di massa e alla spicciolata, distruzione di decine di paesi.

A proposito del federalismo.
Maroni dice di voler andare oltre il Federalismo e minaccia di lasciare tutte le poltrone che occupa a Roma. Bene lasci anche quelle della Comissione paritetica per l’ attuazione del federalismo  dove c’ è un solo rappresentante del Sud su 30 e il cui Comitato di presidenza è formato da 5 componenti, dei quali quattro del Nord (anzi di una sola regione, la Lombardia) e uno di Roma. Questa commissione dovrebbe elaborare pareri tecnici per il federalismo, naturalmente equo e solidale, responsabile invece di un ‘’fregalismo equo e solidale’’, che, scrive Pino Aprile in "Giù al Sud. Perché i terroni salveranno l’ Italia’’,  fa  volare verso Sud ‘’un padulo equo e solidale da schiantarlo pariteticamente e per sempre’’.

E' nel Sud che si prepara il futuro.
Maroni non è il Sud a strozzare il Nord, ma il Nord che ha ucciso il Sud, ma di tutto questo, anche se ampiamente descritto dagli storici, non solo del Sud, ma soprattutto inglesi, si tace nei libri di storia in uso nelle  scuole.  E’ nel Sud che si prepara il futuro, proseguire, come fa Maroni, con questi toni, non permette la progettualità per l’oggi e per il domani. 


lunedì 16 luglio 2012

Trivellazioni nel Sannio





Ricerca del petrolio nel Sannio: 
A rischio trivellazioni 28 comuni, 
c'è anche Benevento.


Benevento, Foiano di Val Fortore, Molinara, Montefalcone di Val Fortore, Castelfranco in Miscano, Ginestra degli Schiavoni, San Giorgio la Molara, Buonalbergo, Pago Veiano, Pesco Sannita, Fragneto l'Abate, Fragneto Monforte, Pietrelcina, Paduli, Sant'Arcangelo Trimonte, Apice, San Nicola Manfredi, San Giorgio del Sannio. Altri 18 comuni, con in bella mostra anche quello capoluogo, formano la quarta richiesta di autorizzazione per cercare petrolio nel Sannio sotto il nome di "Case Capozzi". Si allarga dunque la caccia all'oro nero nel Sannio dopo le tre autorizzazioni svelate dal comitato "No Luminosa" e riprese dalla Provincia di Benevento che sta organizzando una mobilitazione per scongiurare l'uso delle trivelle nel territorio sannita. L'istanza di permesso di ricerca in terraferma consultabile sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico-Dipartimento per l'Energia è datata 2 aprile 2012, mentre il 31 maggio è stata pubblicata sul BUIG (Bollettino ufficiale degli idrocarburi e delle georisorse). Il richiedente è la società “Delta Energy” che aveva già presentato richiesta per “Pietra Spaccata”, altro intervento che coinvolge diciotto comuni nella zona tra il Tammaro ed il Fortore, attualmente in corso di valutazione alla Regione Campania (mentre i permessi per i progetti "Nusco" e "S.Croce" sono già passati). Si allarga così a 28 il numero dei comuni sanniti interessati da possibili trivellazioni: alla lista vanno aggiunti i comuni di Baselice, Campolattaro, Casalduni, Castelpagano, Circello, Castelvetere di Valfortore, Colle Sannita, Morcone, Pontelandolfo, Reino, San Giorgio la Molara e San Marco dei Cavoti. Proprio in questi giorni l'assessore provinciale Aceto si è recato a Napoli per discutere del problema con l'assessore regionale Romano. Ora che il cerchio si è allargato vedremo come si comporteranno i sindaci dei comuni interessati dalla vicenda risultati essere poco interessati ad un'azione di mobilitazione la scorsa settimana, disertando in larga parte il tavolo di riunione convocato dalla Provincia di Benevento.

Fonte: il Quaderno.it del 4.7.2012









domenica 15 luglio 2012

Ferrovia Napoli-Portici: l'inizio della fine





Il sindaco di Castellammare di Stabia 
cancella la ferrovia dei Borbone

Ormai i tagli di una dilagante crisi del sistema finanziario colpiscono inesorabilmente tutto e tutti senza pietà, oltre ogni ragione, oltre ogni necessità, oltre ogni ricordo storico.
A finire sotto l’accetta delle esigenze di risparmio questa volta è la prima tratta ferroviaria borbonica che ancora collega Castellammare di Stabia a Torre Annunziata. A comunicarlo con uno scarno e freddo comunicato è stato il sindaco Luigi Bobbio che, incalzato da alcuni cittadini, ha risposto che la tratta inaugurata al tempo dei Borbone il 3 ottobre 1839, per essere proseguita fino a Castellammare nel 1843, non assolve più al suo compito per la scarsa presenza di passeggeri. Nello specifico ha dichiarato: «Malgrado ogni legittima posizione contraria o comunque diversa, da sindaco, che fa l'interesse della città e dei cittadini complessivamente intesi, sono e resto convinto che un interesse primario di Castellammare sia quello relativo alla soppressione della linea delle Fs Torre Annunziata-Castellammare di Stabia».
Va sottolineato che alle prime avvisaglie del progetto di chiusura, numerose sono state le iniziative tese ad evitare questa drastica decisione, non ultimo il suggerimento a trasformare la tratta in un percorso storico-culturale che sarebbe stato unico in Europa. Purtroppo i disegni politici difficilmente coincidono con le esigenze di tutela delle vestigia di una storia gloriosa anche quando rappresenta un primato sociale ed industriale eccezionale.
Pertanto, da quanto si è potuto apprendere anche attraverso i rappresentanti locali del nostro Movimento, dopo la già avvenuta chiusura del tratto Gragnano-Castellammare sarà a breve interrotto, con il beneplacito delle Ferrovie dello Stato, l’intera tratta.


Di Redazione

sabato 14 luglio 2012

Province del Regno delle Due Sicilie





PROVINCE ? 
MEGLIO QUELLE BORBONICHE


Le recenti polemiche e le recenti scelte del governo in merito alle province e ai loro tagli, mettono in evidenza un dato: il fallimento delle politiche di amministrazione del territorio degli ultimi decenni in Italia. Il Movimento Neoborbonico ha inviato provocatoriamente agli organi competenti nazionali e locali la sintesi dell’assetto territoriale del Regno delle Due Sicilie, frutto di precise scelte che i governi borbonici operarono per favorire le autonomie locali, il rispetto e la valorizzazione di territori, risorse, vocazioni e tradizioni. Anche per questi motivi, come hanno rivelato recentissimi studi (S. Collet, Università di Bruxelle), il “Regno delle Due Sicilie era come la Germania di oggi”…  Al di là dell’unità di un territorio che oggi potremmo definire “macroregionale” (le “Due Sicilie”), dal punto di vista amministrativo il Regno era suddiviso in 22 province, di cui 15 nella Sicilia citeriore (ex Regno di Napoli) e 7 nella Sicilia ulteriore (ex Regno di Sicilia), a loro volta suddivise in distretti (unità amministrative di secondo livello) e circondari (unità amministrative di terzo livello). Queste le antiche Province: Reali Dominii al di qua del Faro: Provincia di Napoli (capoluogo: Napoli); Terra di Lavoro (Caserta); Principato Citra (capoluogo: Salerno); Principato Ultra (Avellino); Basilicata (Potenza); Capitanata (Foggia); Terra di Bari (Bari); Terra d'Otranto (Lecce); Calabria Citeriore (Cosenza); Calabria Ulteriore Prima (Reggio); Calabria Ulteriore Seconda (Catanzaro); Contado di Molise (Campobasso); Abruzzo Citeriore (Chieti); Abruzzo Ulteriore Primo (Teramo); Abruzzo Ulteriore Secondo (Aquila); Reali Dominii al di là del Faro: Provincia di Palermo (Palermo); Provincia di Messina (Messina); Provincia di Catania  (Catania); Provincia di Girgenti (Girgenti); Provincia di Noto (Noto); Provincia di Trapani (Trapani); Provincia di Caltanissetta (Caltanissetta).



venerdì 13 luglio 2012

Un quadro di Carlo III restituito al Museo Campano





Carlo di Borbone torna a Napoli


La riapertura del “Museo Campano” prevedeva, tra l’altro, il recupero e l’esposizione completa dei ritratti della Famiglia Borbone Due Sicilie custoditi nei sotterranei e nei depositi dei vari musei italiani. Immediatamente si sono mobilitati i nostri attivisti, impegnandosi nel segnalare opere e capolavori dimenticati. Tra questi, già da molto tempo veniva annotato un bellissimo quadro del ‘700 raffigurante Carlo di Borbone detto Terzo che, unitamente alla porcellana di Capodimonte, arazzi e mobilio pregiato probabilmente “trafugati” dai conquistatori dai palazzi reali di Napoli e Caserta, era depositato nel Quirinale. 
Oggi giunge la notizia che il Presidente della Repubblica Italiana ha disposto la restituzione di quel quadro a Napoli per collocarlo nel riaperto Museo Campano.
Si tratta di un pregevole olio su tela, realizzato dal pittore Giuseppe Bonito, di cm 130 x cm 103, che raffigura il sovrano intorno al 1735, appena rifondato il Regno di Napoli.
Un altro tassello nel recupero della nostra storia dispersa è stato aggiunto, ma adesso attendiamo che le pregiate porcellane di Capodimonte, con fregio Dinastico dei Borbone, nelle quali fino a qualche anno fa hanno consumato le colazioni di lavoro i capi di stato di mezzo mondo, vengano anch’esse restituite a Napoli.