SUD: IMPRESE-CONSUMATORI,
INSIEME NEL PROGETTO COMPRASUD
L’ultimo rapporto del Censis (“Centro studi investimenti sociali”), presentato il 6 dicembre scorso a Roma, è stato pochissimo citato. Per il Sud, il rapporto del Centro Studi (non governativo) segnala, accanto al divario noto e crescente con il Nord-Italia, un fenomeno nuovo, quello del ricambio etnico in atto nel settore del commercio. «Vi sono territori – scrive il Censis – dove i commercianti stranieri hanno superato gli italiani, o comunque si stanno avvicinando (…) questo avviene soprattutto al Sud, in aree considerate depresse e prive di opportunità imprenditoriali. È immigrato il 73,8 % dei negozianti a Castel Volturno (Caserta) ed il 42,6% a Caserta». Le nazionalità prevalenti dei nuovi proprietari dei negozi sono Marocco, Cina e Senegal.
Più in generale, il rapporto 2013 del Censis segnala la riduzione della base produttiva del Sud. «Tra il 2009 ed il 2013 ci sono 39.500 imprese in meno. Tra il 2007 ed il 2012 il Pil (prodotto interno lordo) del Sud ha perso 41 miliardi».
Perché il rapporto del Censis è passato sotto silenzio anche tra i “meridionalisti”, specializzati nella lamentazione perpetua sui “fondi tagliati al Sud”, che rimpiangono la Cassa per il Mezzogiorno ed il sistema di scambio che per decenni ha consentito alle grandi imprese del Nord di crescere a danno delle imprese meridionali ed al ceto politico meridionale di intermediare le risorse pubbliche alimentando così il proprio consenso?
Perché la denuncia sul ricambio etnico, con gli immigrati che sostituiscono i commercianti meridionali stremati dall’oppressione fiscale, dalle diseconomie e dai costi aggiuntivi che debbono affrontare su territori disamministrati, non è politically correct e non è in linea con il mainstream del pensiero unico.
Meglio continuare la lamentazione sui fondi tagliati a Regioni e Comuni, meglio prendersela con la Lega, meglio invocare nuove misure assistenziali (che vincolano masse di assistiti al ceto politico di governo) come il “reddito di cittadinanza”.
È la ricetta per mantenere a galla una classe politica incapace e screditata, sperimentata dalla sinistra statalista ed ideologica in tutto il mondo. In Brasile, dove le estensioni di terra incolta sono sterminate e le opportunità per la zootecnia enormi, oltre alla grande disponibilità di materie prime, il governo del PT (“Partito dei lavoratori”), di matrice marxista, ha lanciato i progetti “Fome zero” (“Fame zero”) e “Bolsa Familia” (“Borsa familiare”), assistendo con un assegno mensile circa 16 milioni di famiglie invece di creare nuovi piccoli imprenditori agricoli ed allevatori incentivando l’accesso alla coltivazione delle terra e la zootecnia. Il PT, prima con Lula, ora con il suo delfino Dilma Roussef, si mantiene al potere dal 2003 nonostante la corruzione e gli scandali a ripetizione. In cambio il Brasile, potenzialmente un gigante dell’economia, cresce da decenni meno degli gli altri Paesi latino-americani, e negli ultimi tre anni è rimasto al di sotto di tutte le stime degli economisti. Nel terzo trimestre 2013 il suo Pil ha segnato un – 0,5%, mentre la spesa pubblica è cresciuta ancora dell’1,2% (Reuters, 3.12.2013).
I meridionali, da soli, possono fare qualcosa per l’economia del Sud? Sì, ed è questa l’idea che sta alla base del Progetto CompraSud, nato da un’idea del Movimento Neoborbonico e presentato in una nuova iniziativa dalla Fondazione Il Giglio il 12 dicembre all’Hotel Renaissance Mediterraneo di Napoli. Uniti dal senso di appartenenza e dall’identità culturale, i compratori meridionali costituiscono una massa critica capace di influire sul mercato e di produrre effetti sull’economia. Alleandosi con le imprese meridionali, in un patto che vede i consumatori preferire i prodotti delle imprese meridionali e le imprese favorirli con sconti ed agevolazioni di acquisto, si può far crescere l’economia del Sud. Lo stesso meccanismo può valere per le banche (certo sono poche, ma vanno difese) ancora a direzione meridionale. La preferenza dei risparmiatori può avere una ricaduta positiva perché le banche meridionali investono dove raccolgono. È il motivo per preferirle.
Le scelte preferenziali dei consumatori meridionali sono in grado di condizionare le grandi imprese e condizionare la pubblicità. La solidarietà identitaria può funzionare anche per boicottare le pubblicità offensive e denigratorie per il Sud.
Dalla cultura e dall’identità comune all’economia, con un patto tra consumatori ed imprese. È questa l’idea del Progetto CompraSud. Le prime aziende hanno aderito, ora si punta a costruire un circuito e, soprattutto, a diffondere una mentalità: Comprare Sud per aiutare il Sud. (LN71/13).
http://www.editorialeilgiglio.it/faq.php?lng=it