Napoli - Palazzo Reale - Scalone
Qualche sera fa la Rai ha mandato in onda la Cenerentola di Gioacchino Rossini, opera rappresentata per la prima volta nel 1817 e che, in questa occasione, aveva come scenario la reggia torinese-sabauda di Venaria. Tutti sanno (?) che la prima versione della favola fu scritta in lingua napoletana da Giambattista Basile nei primi anni del Seicento e certamente prima del francese Perrault, dei fratelli Grimm o dello stesso Walt Disney. Era una delle cinquanta favole di quella preziosa
raccolta che fu “Lo cunto de li cunti, Trattenemiento de peccerille o Pentamerone”, tradotta in tutte le lingue del mondo e conosciuta in tutto il mondo (tranne che dalle nostre parti e… in Rai). In una pirotecnica e barocca lingua napoletana, il poeta nato (e sepolto) a Giugliano (Napoli), quando pensava a quello scalone di quel palazzo reale sui cui quella ragazza perde intorno alla mezzanotte la sua scarpetta, pensava (conoscendolo bene) allo scalone del Palazzo vicereale di Napoli. Dopo quasi 4 secoli, manca ancora sulle scale di quel palazzo (cambiato nella sua struttura originaria ma rimasto sostanzialmente simile a quello del grande Basile) una semplice targhetta-simbolo di radici e orgoglio che possa ricordare questo piccolo-grande esempio di cultura napoletana dimenticato dalla Rai e dimenticato dai politicanti o dai famosi intellettuali “ufficiali” della nostra ex capitale così come si regala un grande spot alla reggia dei Savoia mentre continua il degrado del nostro Palazzo Reale.