lunedì 18 giugno 2012

L'inno di Mameli



L'INNO DI MAMELI
NON E' MAI STATO L'INNO UFFICIALE DEGLI ITALIANI

di  
Ignazio Coppola




Continuano senza soluzioni di continuità i fischi in occasioni delle recenti manifestazioni sportive: la coppa Italia “Napoli –Juventus”, disputatasi qualche settimana fa  a Roma, e “Italia – Spagna” di questi ultimi giorni. 
Contestazioni all’inno di Mameli che hanno suscitato l’indignata protesta prima del presidente del Senato Renato Schifani e poi del presidente del Coni Gianni Petrucci ed ancora del presidente federale Giancarlo Abete e, per finire, del ministro del turismo Piero Gnudi i quali, “indignati” all’unisono, si sono affrettati ad affermare che i copiosi fischi piovuti all’indirizzo dell’inno nazionale sono incivili, inaccettabili, frutto di comportamenti beceri sotto tutte le latitudini di persone irresponsabili che non si rendono conto del danno che provocano con questi comportamenti frutto della loro ignoranza. Ebbene non risulta che altrettanta indignazione e sconcerto il presidente Schifani e i suoi sodali abbiano mai manifestato in passato quando i leghisti, per lunghi anni alleati del governo Berlusconi, in più occasioni non facevano altro che irridere e fischiare l’inno nazionale manifestando, poi, di volere, come spesso era uso ripetere Bossi, fare un uso poco igienico del tricolore. Affermazioni e dileggi che da parte di questi signori, che oggi si indignano, passavano, allora con la Lega al governo per opportunità e per amor di quieto vivere, sotto un silenzio permeato da tanta ipocrisia. Ma tant’è ed al proposito a questi indignati dell’ultima ora, e per colmare la loro ignoranza, di cui tanto saccentemente tacciano gli altri, vale bene ricordare che l’inno di Mameli non è mai stato l’inno ufficiale della Repubblica Italiana bensì un inno ufficioso o, per meglio dire, “precario” come del resto lo è la maggior parte di tutto ciò che avviene in questo nostro Paese.
A ben vedere, per quanto infatti diremo, il “precario” e ufficioso inno di Mameli si può definire a buon diritto l’inno che la Massoneria impose alle nascente Repubblica Italiana nel lontano 1946 in sostituzione della “Marcia Reale” che aveva caratterizzato il precedente periodo monarco-fascista.
Vi siete mai chiesti perché il nostro inno nazionale inizia con la parola “fratelli”? E, su questo, vi siete mai dati una risposta? “Fratelli d’Italia l’Italia s’è desta” queste infatti sono le prime parole dell’inno di Mameli. Un inno di chiara connotazione massonica musicato da Michele Novaro e scritto, nell’autunno del 1847, dal “fratello” Goffredo Mameli ( al quale, a riprova della sua appartenenza e devozione ai liberi muratori, sarà poi dedicata a futura memoria una loggia) che, non a caso e da buon “framassone”, lo fa iniziare con la sintomatica e significativa parola “fratelli”. Un inno scritto dal “ fratello “ Goffredo Mameli nel 1848 e riproposto un secolo dopo, il 12 ottobre 1946, da un altro “fratello”, il ministro delle guerra dell’allora Governo De Gasperi, il repubblicano Cipriano Facchinetti, da sempre ai vertice della Massoneria, con la carica di Primo sorvegliante nel Consiglio dell’Ordine del Grande Oriente d’Italia e affiliato alla loggia “Eugenio Chiesa””. Fu in quella data dell’ottobre del 1946, che Facchinetti, quale ministro della guerra, impose che l’inno fosse suonato in occasione del giuramento delle Forze Armate. E da quel momento “Fratelli d’Italia”  divenne, come lo è tuttora,” de facto” l’inno ufficioso della Repubblica Italiana. Ufficioso e provvisorio, perché mai “ de iure” istituzionalizzato con alcun decreto e ancor di più, perché non contemplato dalla nostra Carta costituzionale come lo è sancita, dall’ articolo 12 della stessa Carta costituzionale, l’istituzione del tricolore come bandiera nazionale. Un inno che rimane, pertanto, per le cose dette, ancora ad oggi, privo di ogni ruolo e di ogni qualsivoglia definizione istituzionale. 
Da quanto argomentato si  può altresì facilmente desumere che l’inno degli italiani fu un inno, nella sua lunga gestazione, fortemente voluto dai massoni che tanta parte, come sappiamo, ebbero nelle vicende che portarono ad una mal digerita unità d’Italia. Fu immediatamente dopo l’unità d’Italia che il Sud si “ destò” e si accorse, sulla propria pelle e a proprie spese, di che pasta erano fatti i “fratelli” che erano venuti a “liberarlo”. E forse proprio nel ricordo di tutto questo, di una mal digerita unità d’Italia che ancor più si appalesa a danno dei meridionali, sempre più ricorrenti negli ultimi tempi piovono i fischi sull’ufficioso e “precario” inno nazionale. 
E alla luce di quanto detto coloro che oggi si indignano ipocritamente e a convenienza dovrebbero di tutto questo, prendendone atto, loro malgrado farsene una ragione. 


Goffredo Mameli



 L'inno degli italiani - originale






COMUNICATO STAMPA 




PARLAMENTO DELLE DUE SICILIE – PARLAMENTO DEL SUD


MOVIMENTO NEOBORBONICO


  
Inno italiano imposto a scuola: i Neoborbonici si appellano alla Corte Europea.

  
Il “Parlamento delle Due Sicilie”, gruppo di azione civico-culturale, ha inviato alla Commissione e alla Corte di Giustizia Europea una denuncia contro il progetto di legge appena passato alla Camera e relativo all’insegnamento obbligatorio dell’inno di Mameli nelle scuole elementari italiane.
Nel dossier inviato a Luxembourg (Corte di Giustizia dell’Unione Europea) e a Bruxelles (Segreteria Generale Commissione Comunità Europee) si evidenziano alcuni aspetti della delicata questione qui riportati in sintesi.
Il testo sarebbe incompatibile con la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea” quando sancisce che “I popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni”: i suoi versi  (“Già l’Aquila d’Austria/le penne ha perdute./Il sangue d’Italia,/Il sangue Polacco,/Bevé, col cosacco,/Ma il cor le bruciò”) esaltano, infatti, le azioni imperialiste dell’Impero Romano (topos ereditato tal quale dal Fascismo)  fomentando l’odio contro uno Stato sovranazionale, quale era allora l’Impero austriaco, esaltando la guerra e l’odio etnico (al contrario di tutti gli altri inni dell’Unione Europea).
La legge, inoltre, è in contrasto con gli articoli 10 e 11 della stessa Carta (relativi alla libertà di coscienza, alla libertà di pensiero, alla libertà di opinione e a quella di “di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”): l’indottrinamento politico e antidemocratico veicolato dalla legge in questione va contro la libertà di pensiero e ciò sarebbe tanto più grave in una fase della storia italiana come quella che stiamo vivendo, nella quale è forte e fecondo il dibattito sul Risorgimento e sui suoi limiti non più occultabili e soprattutto riferibili ai danni materiali e morali subiti dalle popolazioni dell’ex Regno delle Due Sicilie in termini di massacri, saccheggi e colonizzazioni, con sviluppi ancora drammaticamente attuali se solo si pensa a questioni meridionali famose ma sempre più dimenticate.
In questo senso l’imposizione della marcia di Mameli e Novaro va poi contro il successivo articolo 22: “L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa, linguistica”. Ciò risulta evidente da quanto è stato scritto: i popoli e gruppi di persone qui descritte non si riconoscono nei miti patriottici propri dell’Inno di Mameli e saranno costretti ad accettarli. 
L’Inno di Mameli, infine, sfrutta diversi falsi storici, usati per scopi di propaganda militaresca dal regime totalitario che dominò l’Italia per vent’anni. In nessun modo, dunque, esso può rappresentare istanze di libertà e di democrazia e a maggior ragione non deve assolutamente essere imposto ai nostri bambini (e non ai “Balilla” citati nell’inno).
I ricorrenti, pertanto, domandano alle Istituzioni in indirizzo di intervenire affinché il Governo italiano non dia corso all’approvazione di questo progetto di legge già al centro di numerose polemiche.


ALLEGATO DOSSIER INTEGRALE A CURA DELLA COMMISSIONE CULTURA E ISTRUZIONE DEL “PARLAMENTO DELLE DUE SICILIE” 


Ufficio Stampa 347 8492762

www.parlamentoduesicilie.it 

www.neoborbonici.it