venerdì 29 marzo 2013

I vuoti di memoria di Giorgio Napolitano



Ignazio  Coppola


Domenica 24 marzo il Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, assieme al Presidente tedesco Joachim Gauck hanno ricordato e commemorato a Sant’Anna di Stazzema le 560 ( uomini, vecchi donne e bambini) vittime, il 12 agosto di 69 anni fa, della ferocia nazista. 
Il 17 marzo scorso lo stesso Presidente della Repubblica Italiana non aveva mancato di celebrare, con enfasi e con l’immancabile commozione di sempre, il 151° anniversario dell’Unità d’Italia. Due significativi avvenimenti nei quali il Capo dello Stato, come sempre, ha fatto un richiamo alla memoria. “ Tra  le pietre –ha detto Napolitano nel suo discorso celebrativo a Sant’Anna di Stazzema- c’è la pietra della memoria. La memoria storica è un bene comune. Sono alla fine del mio settennato, probabilmente questo sarà il mio ultimo atto pubblico e sono felice che si svolga proprio qui nel segno della riconciliazione con un atto di giustizia nei confronti di quelle migliaia di  vittime innocenti della barbarie nazista”.
Ma se la memoria storica, come sostiene Napolitano, è un valore comune, c’è da chiedersi come mai nelle ricorrenti celebrazioni dell’Unità d’Italia non sono mai state ricordate e commemorate, in particolar modo dal nostro Capo dello Stato sempre giustamente sensibile alle vittime della barbarie nazista, le migliaia di vittime innocenti (uomini, vecchi, donne violentate e stuprate ) e bambini del meridione massacrate e passate per le armi dall’esercito italo-piemontese agli albori dell’Unità d’Italia.
Più di mille abitanti di Pontelandolfo e Casalduni, in provincia di Benevento, in un solo giorno, l’11 agosto del 1861, furono, per rappresaglia, peggio di quanto fecero i nazisti anni dopo, tutti massacrati, nessuno escluso, e le case dei due paesi, rase interamente al suolo dai fanti e dai bersaglieri piemontesi del generale Cialdini ( a questo criminale in Italia sono state poi dedicate numerose strade).. Pontelandolfo e Casalduni terribili analogie ( anche nelle date) di quanto avverrà esattamente 83 anni dopo a Sant’Anna di Stazzema e Marzabotto. Ma delle stragi dei primi anni dell’unità d’Italia non c’è memoria nelle celebrazioni e nelle commemorazioni della storia del nostro Paese. Come non v’è memoria, o peggio ancora una memoria falsata, degli eccidi e dei massacri perpetrati dai liberatori italo-piemontesi a danno di decine e decine di migliaia di abitanti e di contadini del sud in una guerra civile contrabbandata dai libri di storia come lotta al Brigantaggio. E a tal proposito Antonio Gramsci, nel 1920, ebbe così a scrivere su Ordine Nuovo:” Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco l’Italia meridionale, squartando, fucilando e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”.
Di tutti questi massacri ed eccidi da ricordare doverosamente, al pari dei tanti crimini nazisti, il nostro Presidente della Repubblica ed i libri di storia pare non ne abbiano memoria. Come non hanno memoria della rivolta palermitana del settembre del 1866, altrimenti detta del ”sette e mezzo”, (durò infatti sette giorni e mezzo ) e repressa nel sangue dai 40.000 soldati del generale Raffaele Cadorna inviati espressamente in Sicilia. Una sanguinosa repressione, dopo la proclamazione dello stato d’assedio, in cui trovarono, in una terribile settimana di sangue, la morte diverse migliaia di Palermitani.  Di questa rivolta che segnò drammaticamente la storia di Palermo, se ne sono perse le tracce nella memoria del Presidente Napolitano e nei libri della storiografia ufficiale e scolastica.
E troppo tardi, essendo alla scadenza del suo mandato che il Capo dello Stato si faccia ritornare la memoria, per rendere giustizia ad una verità storica di cui i meridionali sono abbondantemente creditori per avere più di tutti contribuito con i loro sacrifici e con il loro sangue all’Unità del Paese. Ma c’è sempre tempo perché il nostro presidente, scaduto a giorni il suo mandato, si possa dedicare con passione a quelle letture pregne di verità storica che abbiano il pregio di colmare i numerosi vuoti di memoria che hanno caratterizzato spesso i suoi  discorsi celebrativi dell’Unità d’Italia.
I tribunali ordinari non potranno più perseguire i crimini nazisti e quelli commessi agli albori dell’Unità d’Italia a danno delle popolazioni meridionali, ma i tribunali della storia  cancellando l’oblio e i vuoti di memoria che per tanti anni hanno caratterizzato, in ogni epoca, le vicende del nostro paese e rimuovendo le colpe storiche, morali e politiche renderanno, alla fine, con una memoria condivisa, giustizia al trionfo della verità nei confronti delle decine e decine di migliaia di vittime di ogni forma di ferocia e di barbarie.