La vera storia di un fiume che, da fonte di ricchezza e prosperità, diviene una fogna a cielo aperto.
di
Ciro Teodonno
La cronaca è fatta così, le notizie hanno bisogno d’essere fresche e per lo più originali per essere vendute. Per questo vengono proposte e riproposte finché non diventano stantie e passano in secondo piano, per poi sparire del tutto fino alla prossima ondata emozionale.
Così accade nel nostro paese per quel che concerne il dissesto idrogeologico. Ormai le vittime settimanali per lo straripamento di un alveo o, come si dice oggi, per l’esondazione, di un fiume stagionale, quasi non fanno più notizia, in particolare se queste sono del sud, dove la tragedia ce la portiamo nei cromosomi e lambisce appena la cronaca nazionale. Così come i morti sulle strade e quelli sul lavoro anche le vittime della natura martoriata passano in secondo ordine, quasi che il ciclico riproporsi di quelle morti non faccia più notizia, la tedia enumerazione di quelle anime, per il mercato della notizia e forse per quello della politica non fanno più testo ed è meglio accantonarle, a meno che non sia un ecatombe e in particolar modo nel ricco e avanzato nord!
Per dimostrare che non si è facili agli etnici piagnistei facciamo quello che ci compete come informatori e cerchiamo di capire e trasmettere la nostra realtà territoriale e le vicende che l’assillano, per cui continuiamo il nostro viaggio lungo le acque campane per scendere a valle dei lagni vesuviani e conoscere la grande opera di irreggimentazione delle acque, meglio conosciuta come Regi Lagni. Anche stavolta il nostro interlocutore è l’esperto Eugenio Frollo che ci guida in un excursus storico, geografico e politico di questo vero e proprio fiume dell’ager campanus.
Cominciamo a parlare dei Regi Lagni dal punto di vista tecnico.«I Regi Lagni non sono altro che un’enorme, grandissima linea di compluvio dei suoli della Pianura Campana. Ha origine nella zona di Nola, più precisamente nei monti di Avella, poi, con un percorso dettato dalle caratteristiche naturali del territorio, percorre la piana a sud di Acerra fino al mare nei pressi di Castel Volturno. Il primo intervento, del tipo che oggi definiremmo di messa in sicurezza, fu quello attuato per l’antico fiume Clanio, ad opera di Domenico Fontana, nella seconda meta del XVI secolo (l’opera fu portata a compimento dal figlio di questo, Giulio Cesare Fontana nel 1616, ndr.).
Era questo purtroppo un fiume che non poteva avere una portata che garantisse un margine di sicurezza, furono così necessari alcuni interventi per trasformarlo in un canale, una modifica rispettosa del corso del fiume. Non solo, ne fu migliorato l’assetto ma furono anche creati dei canali secondari. Innanzitutto, il canale principale aveva un controfosso a destra e uno a sinistra del suo corso, per il contenimento di un’eventuale piena stagionale. Una fittissima rete di canali portava poi l’irrigazione fino ad Acerra, a Frignano e Capua. Per un altro grande intervento dobbiamo attendere gli anni ’70 del secolo scorso con l’intervento della Cassa del Mezzogiorno. Questa, non sapendo che farsene dei soldi, decide di cementificare i Regi Lagni.
Il canale viene trasformato in una sorta di trapezio rovesciato. Abbiamo già detto che il cemento in questo tipo di opere è un corpo estraneo, non ha un’integrazione molto felice anche se, visti i livelli di inquinamento presenti nella zona negli ultimi anni, forse vi possiamo trovare anche un effetto positivo! L’impermeabilizzazione data dal cemento potrebbe aver evitato un eccesso di penetrazione nel suolo di sostanze tossiche! Negli ultimi anni infine si è risvegliato un certo interesse per i Regi Lagni, con un diverso impegno da parte dell’ente che ne ha la gestione, il Consorzio Generale di Bonifica del Volturno Inferiore, ma anche da una serie di figure della politica che hanno deciso di collaborare e mettere nel bilancio regionale una serie di somme finalizzate al ripristino dei Regi Lagni.
Dopodiché s’è formata l’Agenda 21, il contratto di fiume per i Regi Lagni e che raccoglie oltre cento associazioni dette portatori di interesse. Questo confronto continuo ha portato avanti il dialogo, con una serie di azioni, idee, proposte che oltre a risvegliare l’interesse, dal punto di vista della comunicazione, cerca di far capire cosa sono e cosa possono diventare i Regi Lagni; si stanno elaborando una serie di proposte».
Parliamo ora dell’aspetto politico sociale dei Regi Lagni.«I Regi Lagni rappresentano la somma di una serie di problemi politico sociali presenti in questa parte della Campania. A monte di tutto questo, io so che lo smaltimento di sostanze tossiche, secondo le norme, costa tantissimo; lo smaltimento illegale costa la decima parte. Se vuoi bloccare l’illegalità devi spezzare il giro economico che c’è dietro! Devi quindi permettere che i costi della legalità siano abbordabili! Il primo passo da fare è quello di rivedere tutte le norme per lo smaltimento dei rifiuti tossici, quelle che ti obbligano a prassi burocratiche lunghissime e costosissime, rendendo complicata quest’operazione. Contrariamente, non ci sarebbe nessun interesse da parte della malavita nel fare azioni parallele illegali».
Evidentemente non c’è neanche la volontà politica di fare tutto ciò! Perché se un politico non fa una cosa, due sono i motivi, uno è l’ignoranza, che certo onore non gli fa e l’altra è la connivenza con certi poteri …«Infatti, secondo me questo sta a monte di tutto, e glielo posso anche confermare! Un mio amico, dirigente ARPAC, decise di investire dei soldi che aveva a disposizione per bonificare un piccolo tratto dei Regi Lagni, per vedere cosa succedeva! Dopo una settimana, tutto era tornato come prima!».
Un po’ come accade sulla Statale 268 …«Sì, praticamente hai fatto solo spazio!».
Ma torniamo ai Regi Lagni …«Sì, parliamo di numeri, che sono alti! Il suo bacino idrografico si estende per circa 300 chilometri quadrati. Se consideriamo l’asse idraulico principale, sono all’incirca 57 chilometri; attraversa 23 comuni …».
Sono previsti interventi su quest’area?«Una volta rimosse le cause dello scempio, un intervento solo di pulizia non basterebbe. In realtà si prevede anche un intervento per facilitare la fruizione antropica, vialetti, staccionate, alberature, piste ciclabili, come se fosse un vero e proprio fiume. Un meraviglioso fiume in una meravigliosa pianura!».
Quanto costerebbe questo sogno?«Ho stimato che, per fare solo questo, i costi si dovrebbero aggirare intorno al milione di euro a chilometro. Moltiplicato per 57, solo la pulizia e la vivibilità costerebbe cinquantasette milioni di euro. Come cifra sarebbe ideale come investimento sull’ambiente, porterebbe un indotto straordinario. Il fatto stesso di intraprendere un discorso serio sull’irrigazione potrebbe favorire le cooperative di agricoltori, quelle bufaline … tutto un indotto che rivivrebbe, ma non a livello assistenziale ma a livello di grande ripresa».