VECCHI, NUOVI, FINTI E VERI MERIDIONALISTI
di
Gennaro De Crescenzo
Dovremmo essere grati ai tanti che in questi anni (in particolare in era “post-Terroni”, e non è un caso) si sono impegnati in pubblicazioni e interventi sul Sud ma contro il Sud, più o meno famosi, più o meno documentati ma tutti accomunati da una grande visibilità (paginate intere di giornali, apparizioni televisive senza diritti di replica). Dovremmo essergli grati perché ormai gli schieramenti in campo sono chiari: quando si parla di questioni meridionali da un lato troverete i difensori della storia ufficiale, pronti a citarsi, a complimentarsi o a spalleggiarsi tra loro e a “sparare” contro l’altra parte: o contro Pino Aprile e i suoi “terroni” o contro i neoborbonici “brutti, sporchi e cattivi” come quei loro re (i Borbone) che difendono e che vorrebbero far tornare dalle parti di Porta Capuana… Nascono così i libri e gli interventi per dimostrare che i meridionali sono incapaci finanche di farsi aiutare (Stella e Rizzo) o per smantellare [senza riuscirci] i miti della Borbonia felix (De Lorenzo) o per dimostrare che il carcere di Fenestrelle era una specie di albergo a 5 stelle (Barbero) o per risolvere i problemi del Sud attribuendo al Sud le colpe dei suoi problemi [esattamente quello che ci dicono da 153 anni] (Felice) o [dopo essersene servito per oltre 150 anni], accusandolo di essere un vampiro che sottrae al Nord tutte le sue energie o invitandolo a seguire l’esempio positivo di chi suggerisce (magari ai nostri giovani) di emigrare (Ricolfi) o per sostenere con candido e invidiabile entusiasmo che se Renzi non ha mai neanche pronunciato la parola Sud nei suoi discorsi potrebbe anche essere un segnale positivo e “se vince Renzi [il nome del premier è sostituibile a piacere] vince il Sud” (Galasso)… Se si trattasse solo di un dibattito culturale o se si trattasse solo di slogan della Lega Nord, potremmo pure divertirci. Il problema è che tutto questo è diventato e diventerà politica. E così sparisce il Sud dalle agende degli ultimi governi e finanche dai (finti) ministeri per il Sud e tra le origini dei (finti) ministri meridionali. E il tutto diventa più grave perché spesso a sostenere queste tesi sono proprio intellettuali e/o politici meridionali che intervengono sul tema come se fossero dei “passanti stranieri” e non personalità rappresentative, per decenni, della cultura e della politica locale e nazionale o come se non fossero gli eredi (culturali o -molto spesso- genetici) di quelle classi dirigenti complici di un sistema nord-centrico da 153 anni, appiattite su posizioni culturali identiche a se stesse (antiborboniche ieri come oggi, antimeridionali ieri come oggi) e in regime di monopolio culturale assoluto anche se con diverse crepe proprio negli ultimi anni (sono ormai tanti -troppi per i loro gusti- i ricercatori anche accademici che dimostrano la fondatezza di tesi quali quella delle buone condizioni di finanze o industrie delle Due Sicilie o dei complotti anglo-massonici-camorristici che le distrussero e così via). E il bello (quasi comico se non si trattasse di cose tragiche, da analisi psicanalitica più che storiografica) è che gli stessi personaggi accusano gli altri di sostenere “tesi consolatorie o autoassolutorie” mentre gli altri (Pino Aprile o i neoborbonici per fare gli esempi più ricorrenti) sostengono l’esatto contrario: la necessità di conoscere il passato, di ritrovare l’orgoglio perduto, di cancellare quelle classi dirigenti complici da 153 anni e capaci solo di difendere interessi e posizioni personali, di pretendere (se è vero che siamo tutti cittadini italiani ed europei) pari condizioni Nord/Sud… Con fatica, con molti “nemici” e con molti ostacoli, anche solo dando un occhio a certe reazioni o ai consensi crescenti finora raccolti, potremmo dire che siamo sulla strada giusta.