mercoledì 27 febbraio 2013
martedì 26 febbraio 2013
lunedì 25 febbraio 2013
Il ballo di Fenestrelle: un oltraggio alla memoria storica
Diversi mesi fa dei giornali locali pubblicarono un’intervista ad alcuni ricercatori piemontesi per i quali i morti nel forte di Fenestrelle erano stati solo cinque. Dopo qualche mese gli stessi ricercatori pubblicavano un libro nel quale si dichiarava che erano stati oltre 40…
Qualche mese dopo Alessandro Barbero pubblicava un altro libro nel quale (si prometteva) sarebbe stata finalmente rivelata la verità su Fenestrelle… Nel corso di un acceso dibattito con Gennaro De Crescenzo (Movimento Neoborbonico) a Bari venivano rivelate, invece, molte delle lacune archivistiche dello stesso libro che, anche a detta del moderatore Lino Patruno, non aveva nessun diritto di “dichiarare chiuse le ricerche” e la questione-Fenestrelle, evidentemente, resta ancora drammatica e completamente aperta, in considerazione delle fonti esaminate dal Barbero (meno del 3% di quelle disponibili…).
In questi giorni apprendiamo sconcertati e amareggiati che nel forte di Fenestrelle è stata organizzata, per la festa di San Valentino, una “cena romantica per le coppie di innamorati nell’incantevole scenario del forte tra lonzini della casa e risotti alla piemontese”, con musica dal vivo e “spettacolo finale di burlesque” (una sorta di spogliarello)… Il tutto organizzato dall’Associazione Progetto San Carlo e forse è utile ricordare che Luca Bossuto, già consigliere regionale, è stato per dieci anni presidente della stessa associazione e che il coautore del libro citato prima, Luca Costanzo, è definito “volontario accompagnatore” presso la stessa Associazione.
Un’ipotesi: i due piemontesi hanno cercato (inutilmente) di “ripulire” l’immagine del Forte slegandola da quella cupa e macabra dei prigionieri borbonici (e non solo) che lì trovarono la morte e associandola a quella di un antico (e moderno) villaggio turistico?
A questo punto aspettiamo con ansia un secondo libro di Alessandro Barbero, ricordando che il primo nacque sull’onda di una incontenibile indignazione di fronte alla commemorazione e alla lapide che ricordavano la morte dei prigionieri borbonici: come frenare, infatti, un altro moto di indignazione di fronte all’allestimento di cenette a lume di candela e striptease in quel Forte che fu luogo di sofferenza e di dolore per decenni e per migliaia di persone? E pensare che c’è chi si accanisce nella creazione di sparuti ed esigui gruppetti su facebook (“le balle su Fenestrelle” e i suoi 33 “mi piace”) con i suoi scheletri (e i suoi balli) nell’armadio…
Intanto i Neoborbonici si stanno organizzando per un massiccio "pellegrinaggio riparatore" a Fenestrelle: sicuramente saranno più numerosi di coloro che, credendo nelle favole di sprovveduti imbonitori, avranno pensato di trovare il paradiso dove fu l'infermo.
mercoledì 20 febbraio 2013
XXII CONVEGNO NAZIONALE TRADIZIONALISTA DELLA FEDELISSIMA CITTÀ DI GAETA
Come abbiamo ampiamente preannunciato, nei giorni 15, 16 e 17 febbraio 2013 si è tenuta a Gaeta una tre giorni senza precedenti per partecipazione ed importanza.
Circa cinquecento persone tra la sala convegni e quella espositori, almeno il doppio per la cerimonia religiosa, sulla rocca e durante il Corteo Storico; sala gremita fin dal venerdì.
Da tutta l'Italia intendenti, iscritti, delegati del "Parlamento delle Due Sicilie" e tantissimi simpatizzanti, in grandissima parte giovani e nuovi, a dimostrare che Gaeta resiste ancora.
Come ha evidenziato Pino Aprile, raramente si era vista in questi anni una sala così piena ed attenta dal primo agli ultimi degli interventi, egregiamente coordinati da Marina Campanile ed introdotti da Sevi Scafetta (sapiente regista del’intera manifestazione). Continui gli applausi a sottolineare gli sconcertanti dati del prof. Giuseppe Fioravanti sulla scuola borbonica contro gli odiosi luoghi comuni della storiografia ufficiale, quelli che legavano passato, presente e futuro di Gennaro De Crescenzo, le prospettive future delineate dall’autore di Terroni. Commovente ed efficacissima la performance grafico-musicale di Al Valenti ed Eliana Esposito (già apprezzati nei teatri e nelle tv italiane) sulla verità storica.
Significativa la presenza del sindaco di Gaeta Cosimino Mitrano che ha anche inaugurato una bella mostra di documenti ed immagini di “Gaeta Borbonica”.
Commozione e folla anche per la cerimonia religiosa e la commemorazione dei nostri caduti guidata da Alessandro Romano.
Da evidenziare anche il successo della proiezione del docu-film "La terra dei Borbone" e la partecipazione (al "Parlamento delle Due Sicilie" e alla manifestazione) di gruppi come Daunia Due Sicilie, Movimento Vanto, la rivista "Il Brigante", i Comitati Due Sicilie, l'Editioriale Il Giglio.
La strada per il riscatto dei Popoli delle Due Sicilie non prevede scorciatoie o compromessi e non può passare per (comico-patetici) tentativi elettoralistici o “rivoluzionari” in 48 ore e con 4 iscritti (amici e parenti compresi): il successo crescente e davvero sorprendente delle manifestazioni organizzate a Gaeta e in questi ultimi anni ce lo dimostra.
martedì 19 febbraio 2013
Reggia di Carditello: al 20 giugno per il prossimo strazio.
Il Real Sito resta nelle mani della sezione fallimentare
del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere
di
Nando Cimino
San Tammaro - Superata indenne l’ultima asta, la piccola reggia di campagna di Carditello, resta nella mani della sezione fallimentare del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.
Il giudice Valerio Colandrea, responsabile del procedimento giudiziario ha imposto, manifestando grande attenzione verso l’annosa questione, che il prezzo a base d’asta non scenda al di sotto dei 10 milioni di euro, anche per le future contrattazioni. La ratio, a fondamento della determinazione del magistrato è semplice; evitare speculazioni. In una terra dove la camorra agisce dall’interno stesso dei gangli più profondi della società, l’indicazione del giudice Valerio Colandrea appare più che motivata e non può non essere letta come un ulteriore atto a protezione del monumento barocco. A ben vedere infatti, al di là delle encomiabili battaglie di sensibilizzazione messe in campo dal mondo delle associazioni, a involontaria, forse, difesa della Real Tenuta dei Borbone, rimane solo l’ufficio delle esecuzioni del Tribunale sammaritano. E’ infatti opportuno sottolineare che è al custode giudiziale, Luigi Meinardi, che si deve la puntuale verbalizzazione circa lo stato generale della fattoria borbonica. Il pressoché quotidiano monitoraggio del ‘corpo di fabbrica’, operato dall’avvocato Meinardi infatti, ha permesso di evidenziare i deficit strutturali della casina vanvitelliana che, altrimenti, sarebbero passati inosservati ed avrebbero prodotto, nell’abbandono in cui versava, il suo più totale degrado e disfacimento. Ed è allo stesso giudice Colandrea che si deve la nomina del volontario, Tommaso Cestrone, ad ausiliario della custodia giudiziale. Cosa sarebbe stato dell’imponente monumento se non ci fossero stati questi interventi mossi come appare, non solo da esigenze ‘d’ufficio’ ma da elevata sensibilità personale? Chi avrebbe provveduto, in assenza della curatela fallimentare, alla manutenzione ed alla sorveglianza della masseria settecentesca? Di certo non la politica e, a quanto pare, ancor meno la Soprintendenza casertana. Ecco perché, oggi, le promesse elettorali sono sì importanti ma lasciano ampio margine ai dubbi della sempre più ampia comunità che si sta radicando attorno alla casina barocca. Appare infatti paradossale che le elementari attività di salvaguardia di uno dei monumenti più importanti, dopo la Reggia di Caserta, di Terra di Lavoro, siano demandate alla responsabilità di chi è riuscito mirabilmente e in maniera mirabolante a coniugare la rigida attività d’ufficio, alla più ampia salvaguardia di una testimonianza storica di rilevanza nazionale e non solo. Per fortuna, diciamo noi! Appuntamento dunque, al prossimo 20 giugno, per l’ennesimo strazio a danno della Real Tenuta dei Borbone.
Fonte: interno18
domenica 17 febbraio 2013
mercoledì 13 febbraio 2013
Gaeta, 13 febbraio 1861
QUANDO LA PATRIA NAPOLITANA NON SI ARRESE
Dopo novantaquattro giorni di duro assedio, di cui due mesi di bombardamenti effettuati con il lancio alla cieca su Gaeta di granate con spolette esplodenti a massima carica, dopo l’avvelenamento delle condotte idriche di Monte Conca, situate al di là delle linee piemontesi, e la conseguente epidemia di tifo scoppiata tra le truppe e la popolazione assediata, nonostante la determinazione di militari e cittadini di proseguire comunque nella resistenza, S.M. il Re Francesco II decise di porre fine all’eroica difesa del Regno.
Resistere ancora alla devastante guerra mossa da quell’armata di predoni che, senza alcuna dichiarazione di guerra, aveva aggredito a tradimento uno stato indipendente, ricco e pacifico, avrebbe solo accresciuto inutilmente le sofferenze di quegli uomini e di quelle donne che difendevano con ardimento la loro antica Patria Napolitana.
D’altronde l’incredibile pioggia di bombe che giorno e notte martoriava i contrafforti, i palazzi, le chiese e le case dell’antica e splendida città di Gaeta, faceva parte della nuova concezione di guerra introdotta dalla “rivoluzione ateo-liberale”, di cui era una degna rappresentante quella soldataglia lì fuori al soldo di Savoia.
Non aveva senso per gli assedianti, scomunicati portatori di un’etica militare aberrante, fare una guerra basata sulle antiche regole cavalleresche che impedivano agli eserciti di coinvolgere, anche se indirettamente, la popolazione civile.
L’ordine era di prendere Gaeta, al di là dell’onore militare, delle “linee di avanzamento” o di assalti alle mura: costi quel che costi alla città ed ai suoi abitanti. E così fu.
In quei tre mesi di inferno, Gaeta subì una devastazione senza misura e senza precedenti da parte di un nemico che mai osò spingersi fin sotto le mura della Piazzaforte né, tanto meno, cercò di conquistare attraverso una leale battaglia campale. Gli “eroi”, scesi da nord a depredare e saccheggiare, preferirono mettersi al sicuro dietro le colline e bombardare alla cieca, giorno e notte, la nostra gente, la nostra Patria, la nostra civiltà, uccidendo, bruciando e distruggendo tutto.
La ferocia, l’odio ed il livore di chi veniva a spogliarci, raggiunse l’apoteosi durante le trattative per la capitolazione di Gaeta.
Mentre gli ufficiali dei due schieramenti stavano espletando le procedure di firma del documento di resa, il Cialdini ordinava di fare fuoco senza sosta, accrescendo all’inverosimile l’intensità del bombardamento. La risposta che egli freddamente diede a chi gli faceva notare l’inutilità e le responsabilità di fronte a Dio ed agli uomini di quella strage fu: “Sotto le bombe si tratta meglio”. E a chi ancora riferiva del tragico coinvolgimento di civili inermi, di ospedali e feriti egli confermava: “Le mie bombe non hanno occhi”.
Fu così che il 13 febbraio del 1861 un’immensa ed infernale pioggia di proiettili di ogni calibro e potenza investì la città: le case, le strade, gli ospedali, le chiese, i monumenti, la gente e l’intera linea di terra, dove ormai ogni difesa si era mitigata in attesa degli ambasciatori, crollarono definitivamente.
Tale evenienza consentì agli invasori di esporsi al di fuori dei loro trinceramenti e di meglio puntare le loro potenti artiglierie rigate. In una salve infernale colpirono in pieno la piccola Batteria Transilvania, tenuta dai giovanissimi eroi della Nunziatella. La violenta esplosione che ne seguì travolse anche la Batteria Malpasso, con il relativo deposito delle polveri da sparo, uccidendo tutti i militari, compresi i giovanissimi eroi.
Finalmente alle 18.30 dello stesso giorno le batterie degli assedianti improvvisamente si tacitarono per consentire agli ambasciatori borbonici di rientrare nella Piazzaforte a notificare l’atto di resa.
Sembrava tutto compiuto, ma non fu così. Nuovi elementi stanno oggi emergendo nella faticosa ricerca e ricostruzione storica della resa di Gaeta che, pertanto, appare tutt’altro che scontata.
Come si potrà notare, l’art. 2 dell’atto di capitolazione entra in forte contraddizione con l’evenienza che la mattina del 14 febbraio le truppe di assedio fossero ancora impegnate nella costruzione di una nuova e possente batteria a 6 canoni rigati tipo “cavalli”, nei pressi di Montesecco, a meno di 800 metri dalla Fortezza.
Se, poi, si analizzano alcune stampe e foto di quei giorni si notano combattimenti anche sulla Torre di Orlando, posta sulla sommità di Monte Orlando, che, secondo il citato art. 2 della capitolazione, doveva essere consegnata ai piemontesi senza colpo ferire.
Il compianto Don Paolo Capobianco, citando il regolamento delle Piazze militari del Regno delle Due Sicilie, che accreditava la potestà di resa delle stesse esclusivamente al Re, sosteneva la tesi di una illegittimità di firma nel documento di resa da parte degli ufficiali borbonici.
In pratica, quanto sottoscritto dai Comandanti della Piazzaforte di Gaeta, doveva essere firmato o, comunque, controfirmato dal Re, cosa che di fatto non avvenne mai.
Ciò dato, quasi sicuramente Torre d’Orlando non si arrese e per prenderla fu necessario conquistarla “metro per metro”. Per ovvi motivi di propaganda e per non alimentare le voci sull’illegittimità dell’intera spedizione, l’evento fu tacitato e cancellato dai giornali militari e dalle cronache.
Solo così si spiega il perché degli spari anche nei seguenti giorni 14, 15 e 16 febbraio, il perché della presenza della bandiera Borbonica che, nonostante le “cronache militari piemontesi affermino altro”, il 16 ancora sventolava su alcuni spalti del colle e perché alcuni giornalisti e incisori del tempo ritraggono scene di guerra nei pressi di Torre di Orlando. Per non parlare di alcuni cronisti esteri che, addirittura, “odono il fragore del cannone il giorno 17 febbraio”.
Quanto accadde a Gaeta dopo la resa militare potrebbe sembrare di poco conto, ma in realtà è estremamente importante dal punto di vista del Diritto Internazionale ed avvalora la non legittimità dell’intera operazione comandata dai Savoia.
Se, infatti, l’invasione fu un’azione di pirateria internazionale in grande stile, ovvero un’aggressione militare ad uno stato indipendente, ogni atto discendente senza l’avallo del legittimo governo fu, di fatto, un atto illegittimo.
Allora, che valore poteva avere un documento di resa con tali premesse? Chi e come avrebbe fatto rispettare quanto sottoscritto? Chi il giudice di un’azione di per se già fuori da ogni regola? L’Inghilterra, la vera mandante, oppure la Francia, la sua fiancheggiatrice?
L’assedio certamente cessò, i militari si fermarono, anche se qualcuno, come abbiamo visto, probabilmente continuò fino alla fine, ma la Patria rappresentata dall’augusto Sovrano S.M. Re Francesco II di Borbone non si arrese. Mai.
Nessun trattato o atto di capitolazione dispone una tale evenienza. Lo stesso Re nel lasciare Gaeta diede un arrivederci. E ciò è quanto basta.
E’ questo ancor oggi il grande valore di Gaeta, questo il vero messaggio che la Città Martire porta inciso sulle sue mura ancora intrise del sangue dei nostri Eroi.
Cap. Alessandro Romano
martedì 12 febbraio 2013
In visita a Gaeta - Un appuntamento da non perdere
E' nostra intenzione richiamare l’attenzione sulla visita guidata programmata per il venerdì 15 febbraio 2013, alle ore 15.00, organizzato dalla Pro Loco e dall'Associazione Amici di Gaeta - Città d'Arte in occasione del XXII Convegno Tradizionalista.
Il percorso guidato ci farà riscoprire una consistente parte di interventi, in ambito culturale storico, artistico e urbanistico, realizzati dai Borbone nella città di Gaeta.
Il percorso prende il via dal Museo Diocesano, alle ore 15.00, dove saranno messe in luce le opere pittoriche giunte a Gaeta ad opera di Ferdinando II di Borbone per abbellire la chiesa di Santa Caterina. Dal Museo, si procederà attraverso l’abitato medievale, sottolineando i lavori realizzati nel Duomo alla fine Settecento e l’impianto viario riorganizzato sempre ad opera del Re delle Due Sicilie.
La visita del Tempio di San Domenico e della relativa Terra Santa ci darà modo di toccare con mano la sepoltura di un bambino, Peppino Conte, “morto il 12 febbraio 1861”.
Proseguendo sulla borbonica Via Aragonese, si giunge alla Chiesa del Rosario, edificio restaurato e abbellito ad opera dei Borbone; anche la chiesa della Natività è espressione della dinastia napoletana. Proprio a ridosso del luogo di culto Ferdinando IV di Borbone fa realizzare nel 1758 una cappella per i condannati a morte.
L’elenco dei siti che trasmettono ai posteri l’opera dei Borbone sarebbe ancora molto lungo, il convegno del 2014 sarà l’occasione per visitare ed ammirare altri luoghi della bellissima città di Gaeta.
lunedì 11 febbraio 2013
Napoli, dai primati alle leggi speciali.
di Giuseppe Casillo
La Napoli pre-unitaria era considerata una delle maggiori capitali europee, insieme a Londra e Parigi. Napoli era all’avanguardia in settori che ancora oggi rappresentano problemi spinosi per i vari governi.
La cultura, per esempio. Il primo teatro lirico moderno costruito in tutto il mondo è il Real Teatro di San Carlo, oggi conosciuto semplicemente come Teatro San Carlo. Costruito nel 1737 con criteri modernissimi, è stato il modello per struttura e dimensione per tutti i successivi teatri europei. Il celebre scrittore francese Marie-Henri Beyle, più noto come Stendhal, nel 1817 nella sua opera “Roma, Napoli e Firenze” ne parlava così: “Gli occhi sono abbagliati, l’anima rapita. […] Non c’è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro, ma ne dia la più pallida idea”.
A Napoli, che già vantava il primato di ospitare la più antica università a essere stata fondata con un provvedimento statale, nonché la più antica università laica del mondo, nacquero nel 1735 la prima cattedra d’Astronomia, affidata a Pietro De Martino, in Italia e nel 1754 la prima cattedra di Economia del mondo, affidata ad Antonio Genovesi.
La capitale partenopea fu anche la prima città italiana ad essere dotata di un’illuminazione pubblica a gas (1837), nonché fu capolinea della prima linea ferroviaria italiana: la Napoli – Portici nel 1839. La prima “raccolta differenziata” dei rifiuti di cui si abbia notizia al mondo fu proprio quella programmata a Napoli attraverso un’ordinanza prefettizia nel 1832. Senza contare il primo marchio D.O.C. registrato in Italia: l’olio pugliese nel 1832.
Potremmo proseguire per diverse pagine fino a formare un libro ad elencare i primati di quello che fu il regno della Napoli pre-unitaria, ma già questi bastano per porci un serio quesito: come è possibile che una grande capitale europea, florida e prosperosa, abbia raggiunto livelli di degrado come quelli che tutt’ora possiamo osservare?
Già nel 1884 una fortissima epidemia di colera portò Napoli alla ribalta nazionale e mostrò il degrado dell’antica capitale e la miseria in cui viveva la sua popolazione. Nel 1904 il Senato del Regno d’Italia approvò la legge “pel risorgimento economico di Napoli”. Tale legge gettò le basi per le opere di fognatura, portuali ed idriche di cui la città necessitava. Iniziò anche la realizzazione degli impianti siderurgici di Bagnoli.
Quella del 1904 non fu l’unica legge speciale per Napoli. Dopo il ritorno del colera negli anni ’70 vennero approvate nuovi leggi speciali per la costruzione della tangenziale, della nuova linea metropolitana sotterranea e per il recupero di una parte dei monumenti. Un capitolo a parte meriterebbe il tentativo di riqualificazione delle aree dismesse dagli impianti siderurgici di Bagnoli. La verità è che tutti questi tentativi non sono stati altro che “generose elemosine” dello Stato italiano, a fronte di manchevolezze nei confronti di Napoli e di tutto il Mezzogiorno.
La politica delle leggi speciali si è rivelata per quello che era, ovvero una manovra dai fini più clientelari che di aiuto alla città. Napoli ed il Mezzogiorno non hanno bisogno di leggi speciali, ma di semplice normalità. Non c’è nulla di particolare, di speciale nel Sud, solo un grande bisogno di normalità. Se Napoli è stata la capitale della cultura e del progresso per tanti anni non si capisce come improvvisamente è diventata incapace anche di gestire il ciclo dei rifiuti.
Oggi noi viviamo a Napoli il problema dei rifiuti, della cosiddetta “monnezza”. I napoletani per primi al mondo hanno inventato la raccolta differenziata: non si può pensare che quindi il problema derivi dal popolo. Il popolo napoletano è la soluzione, non il problema.
La camorra, che c’ha resi famosi in tutto il mondo più di tutte le cose buone che abbiamo fatto, si è sviluppata solo dopo l’Unità d’Italia, così come la Mafia e tutte le altre forme di criminalità organizzata.
L’Italia se vuole aiutare davvero Napoli ed il Mezzogiorno non deve pensare di risolvere singoli problemi con singole leggi speciali, ma deve semplicemente ristabilire la normalità di cui godono altre zone della penisola: il popolo napoletano, poi, farà il resto.
Fonte: Caffè new magazzine
Fonte: Caffè new magazzine
domenica 10 febbraio 2013
Medicina: i Borbone 'padri' della pediatria in Italia, prima cattedra e 'ospizio marino'
Roma, 7 feb. (Adnkronos Salute) - La nascita della pediatria in Italia si deve ai Borbone. A riconoscere il ruolo chiave di questa casa regnante nell'Italia preunitaria per lo sviluppo dell'assistenza all'infanzia, è un articolo pubblicato sulla rivista spagnola 'Dendra Médica. Revista de Humanidades', firmato dal pediatra Italo Farnetani, dell'Università di Milano-Bicocca. "I Borbone realizzarono importanti attività a favore dell'infanzia, con una priorità e una capacità di innovazione superiore agli altri governi italiani. Istituirono, infatti - racconta Farnetani all'Adnkronos Salute - la prima cattedra di pediatria del mondo nel 1802, e fondarono il primo 'ospizio marino', per la cura del rachitismo e della tubercolosi".Inoltre "attuarono un modello di assistenza ai bambini abbandonati dislocato nei singoli comuni e furono fra i primi ad adottare la vaccinazione antivaiolosa e a istituire gli asili". Il lavoro, tradotto da Alfonso Del Gado, ordinario di pediatria dell'Università di Madrid, "è una ricerca molto approfondita condotta nell'arco di quattro anni. Ebbene, il primo evento pediatrico del mondo è rappresentato dalla nomina di Gaetano Palloni (1776-1830) a professore di 'malattia degli infanti' a Firenze. Un evento che precede di 37 giorni l'inaugurazione dell'Hopital des Enfantes Malades a Parigi, ritenuto da sempre il primo atto della pediatria mondiale. Inoltre gli ospizi marini per la cura della tubercolosi e il rachitismo sono nati nel 1842 a Viareggio e da allora, fino all'introduzione degli antibiotici, sono stati la forma più efficace di trattamento della tubercolosi". "Si tratta di eventi che hanno contribuito alla nascita e allo sviluppo della pediatria mondiale. Entrambi - aggiunge Farnetani - sono avvenuti come atto di governo specifico di due Borbone, padre e figlio, Ludovico di Borbone (1733-1803), re dell'Etruria e Carlo Ludovico di Borbone (1799-1833). È significativo inoltre che i regnanti avessero una discendenza diretta e stretta con i re di Spagna". La storiografia post-unitaria, riflette il pediatra, "ha privilegiato l'esame degli aspetti legati al contributo dei Savoia e dei vari governi che si sono succeduti, anziché recuperare la storia dei singoli stati preunitari. Anche in questo settore storiografico si è potuto accertare che l'unità della pediatria precede l'unità nazionale - aggiunge - perché i vari stati preunitari avevano realizzato una rete di assistenza per i bambini che, confluita nello stato unitario, garantì l'assistenza pediatrica in tutto il territorio. Se poi analizziamo il contributo dei Borbone nei vari Stati che governarono, oltre il Regno delle Due Sicilie, il Ducato di Parma, il Regno d'Etruria e in seguito il Ducato di Lucca, si nota una stessa linearità di governo, pur trattandosi di rami diversi di una stessa dinastia". L'analisi scientifica dell'attività di governo dei Borbone nell'Italia preunitaria "evidenzia un'attenzione all'infanzia e alle istituzioni pediatriche superiore a quella promossa dopo l'unità dai Savoia, che destinavano grandi risorse del bilancio statale alle spese militari - si legge nello studio - Inoltre si evidenzia una centralità del bambino, che privilegia la persona e il territorio, come si nota dalla presenza di un brefotrofio in ogni comune come avveniva nel Regno delle Due Sicilie". La stessa attenzione alla persona in fase di sviluppo "la evidenzia anche la scelta effettuata al brefotrofio di Palermo di permettere al bambino di sfruttare le opportunità della propria persona, insegnando un mestiere ai maschi e fornendo una dote alle femmine, in modo da acquisire in entrambi i casi un'autonomia per poter essere indipendente e sfruttare le proprie possibilità. Nella stessa ottica - prosegue - c'è l'attività di Carlo Ludovico nel ducato di Lucca, quando promosse le cure marine per poter garantire le migliori condizioni di salute attraverso la talassoterapia, oppure quando Maria Luisa a Parma, attraverso la refezione, cioè l'alimentazione adeguata ai bambini poveri della città, garantiva migliori opportunità di salute". Se gran parte delle iniziative promosse dai Borbone furono certamente innovative, "l'applicazione della talassoterapia e l'istituzione della cattedra di malattie degli infanti rappresentarono due priorità mondiali che nei decenni e nei secoli successivi - conclude Farnetani - hanno avuto una notevole espansione".
sabato 9 febbraio 2013
venerdì 8 febbraio 2013
Antonio Grano - A Sinistra della Questione Meridionale
La edulcorata e distorta versione di Stato, proposta e imposta dai vincitori piemontesi sulle dinamiche che hanno costretto i popoli italici alla “unificazione” sotto lo scettro savoiardo, non regge, da qualunque punto di osservazione la si studi. Osservatori coevi e contemporanei di Centro, di Destra e di Sinistra, purché armati di un minimo di onestà intellettuale, hanno impietosamente sconfessato quelle “verità” di Stato.
In questa laboriosa e faticosa ricerca sono riportate, in minima parte, le riflessioni critiche, le accuse e le condanne di uomini della sinistra “storica”, che ancor più impietosamente sconfessano il negazionismo della opportunistica e nazional-patriotarda sinistra contemporanea.
Gli sbocchi imperialistico-colonialistici del capitalismo nell’Europa del XIX Secolo. Il pensiero della sinistra estrema e moderata sulla guerra di annessione del Regno delle Due Sicilie al Piemonte negli scritti di Karl Marx, Friedrich Engels, Mikhail Bakunin, Pierre Joseph Proudhon, Giustino Fortunato, Gaetano Salvemini, Antonio Gramsci, Amadeo Bordiga, Guido Dorso, Nicola Zitara. Le trame oscure delle grandi potenze europee e il ruolo determinante di Napoleone III, grande manipolatore di Cavour e di Vittorio Emanuele II. Le responsabilità della borghesia agraria meridionale.
Dalla denuncia della vecchia sinistra rivoluzionaria al negazionismo della moderna sinistra liberal-riformista. La piaga del trasformismo e la trappola dell’assistenzialismo.
Il destino del Sud nell’era della globalizzazione e del capitalismo finanziario mondiale.
ilmiolibro.it
Gruppo Editoriale L'Espresso S.p.A.
info-prenotazioni:
www.antoniograno.it
mercoledì 6 febbraio 2013
Lino Patruno - Il Nord si sveglia prima? Tanto piacere
Gira per il Nord un video intitolato <Prima il Nord>. E che dice: <Il Nord, si sveglia prima. Per essere sempre pronti. Qui paghiamo le imposte più alte del mondo per versarle tutte a Roma, perché? Qui paghiamo tutti le tasse, veramente, come in Svizzera. Anche qui ci sono gli evasori, certo, ma meno che in Germania. E qui, malgrado la burocrazia e le inefficienze statali, produciamo il 60 per cento della ricchezza nazionale. Perché qui nonostante tutto esportiamo nel mondo intero>.
Il video così continua: <Qui i tagli dei fondi europei non ci impediscono di avere prodotti enogastronomici Dop. Qui se perdi il lavoro non aspetti che mamma Stato ti tenda la mano, perché siamo abituati a rimboccarci le maniche. Qui l’assistenza è per coloro che ne hanno realmente bisogno e ignorano cosa sia il voto di scambio. Qui le pensioni di invalidità ce le hanno solo gli invalidi. Qui, nonostante il patto di stabilità, gli amministratori locali continuano ad erogare servizi e a creare spazi per i nostri figli. Qui la raccolta differenziata è iniziata 20 anni fa e la fanno tutti, proprio tutti. Eppure se abbiamo bisogno di una casa popolare c’è sempre qualcuno che arriva prima>.
E il video prosegue: <Qui con 4348 addetti ci prendiamo cura della più ampia estensione di montagne e foreste di tutta la penisola. In Calabria e Sicilia 63.960 forestali ancòra oggi non sono sufficienti. Qui siamo egoisti perché ancòra abbiamo il maggior numero di volontari e lo Stato li ignora. Qui parliamo poco di solidarietà perché siamo impegnati a praticarla. Qui le mafie sono entrate col soggiorno obbligato e si sono diffuse come virus, che però combattiamo da sempre>.
E ancòra: <Qui ci sono eccellenze universitarie riconosciute in tutto il mondo. Ma qui chiamiamo dottori solo chi cura gli ammalati. Qui la sanità pubblica si prende cura di tutti, ma proprio tutti. Qui ogni giorno le persone si alzano prima, perché nel bene e nel male siamo nel cuore dell’Europa. Qui tutte le persone come noi sono noi, e tutti gli altri sono loro. Il futuro entra in noi per trasformarsi in noi molto prima che accada. Perché oggi veniamo prima noi, oggi viene prima il Nord. Non dimenticarlo mai, uniti vinciamo. Prima il Nord>.
Il video è diffuso sul sito della Lega Nord. E siccome favoleggia di un paradiso di efficienza settentrionale a fronte di un parassitismo meridionale, da Sud gli si dovrebbe rispondere con un video intitolato <Il Sud conviene>. E che dica: <Il Sud si sveglia dopo perché la sera prima lavora fino a tardi. Ma quelli che si svegliano prima al Nord non sono ancòra svegli a sufficienza per capire che il futuro d’Italia è solo a Sud. Perché il Sud è la riserva di potenza di un motore altrove ormai ingolfato, come dimostra l’Italia che da vent’anni non cresce più. Non c’è stato finora tanto spreco da parte “del” Sud quanto c’è stato spreco “di” Sud, l’incapacità di coglierlo come un’opportunità per un Paese col fiato sempre più corto. C’è bisogno di più Sud non di meno Sud. Qui c’è una tale prateria di cose da fare che bisognerebbe correre a farle al più presto non nell’interesse del Sud ma dell’intero Paese. Perché il Sud non è una malattia, è la terapia per far guarire l’Italia dalla sua malattia. Il Sud non è il problema d’Italia ma la soluzione del problema dell’Italia. Il Sud non è una palla al piede ma il paio d’ali per far tornare l’Italia a volare. Il Sud è il nuovo centro di gravità permanente. Il Sud è l’ombelico del mondo>.
Il video dovrebbe così continuare: <Solo il pregiudizio impedisce di capire con giudizio che non c’è Nord senza Sud. Che il Sud salverà l’Italia. Che il sole nasce a Mezzogiorno. Che Mezzogiorno è l’ora dalla quale ripartirà tutto. Che l’Italia potrà ricominciare solo da Sud>.
E ancòra: <Gli increduli facciano una visita guidata nel lato A del Sud per capire che, senza il Sud considerato improduttivo, l’Italia non avrebbe aerei e auto, acciaio e olio d’oliva, computer e cellulari, petrolio e benzina, plastica e alluminio, farmaci ed energia alternativa, dieta mediterranea e vacanze sotto cieli carichi di bontà. Occorrerebbe un altro Cristoforo Colombo per capire che la nuova America è il Sud, che Cristo si è mosso da Eboli dove si era fermato, che il Sud è il Sacro Graal col segreto del vero benessere, che rimettere nel cuore del mondo il ritmo del Sud significa conservargli l’anima, riscoprire la bellezza>.
Il video dovrebbe così concludersi: <Il Sud che dovrebbe rimboccarsi le maniche, se le rimbocca ogni giorno costruendo il suo futuro nelle condizioni più difficili. Ma il Sud è la terra di pietre che le mani contorte dei contadini hanno trasformato in un giardino. Il Sud è l’ulivo capace di vivere con un goccio d’acqua e un pugno di terra. Il Sud non è il buio ma la luce per tornare a sperare. Anche perché al Nord hanno chiamato dottore il Trota figlio del Bossi e qui nessuno avrebbe neanche lontanamente pensato di farlo nascere, uno così>.
venerdì 1 febbraio 2013
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