Il 12 novembre del 1860
Gaeta viene colpita per la prima volta dall’esercito invasore.
I piemontesi, con una manovra accerchiante operata con ingenti forze, respingono dentro le mura di Gaeta le truppe Borboniche che difendevano le colline circostanti. Per la prima volta le batterie della Piazzaforte di Gaeta aprono il fuoco contro i nuovi assedianti che, senza dichiarazione di guerra, avevano violato i sacri confini della Patria Napolitana per muovere guerra al pacifico popolo del Sud.
Descrivono i due Ufficiali Borbonici Nagle e Anfora nel loro diario di guerra:
"A quest'epoca la guarnigione di Gaeta, aumentata dalle truppe respinte dal nemico, divenne troppo numerosa, l'artiglieria era poverissima di materiali, di macchine e di strumenti; scarsi erano i mezzi di cui poteva disporre il genio per l'esecuzione dei lavori richiesti da una buona difesa; mancavano del tutto le fascine, i salciccioni ed i gabbioni, né si aveva modo di costruirli nella Piazza; v'era inoltre scarsezza di legname e poca quantità d'istrumenti; sufficiente l'approvvigionamento della polvere da sparo, scarsissimo quello dei viveri".
Quello Stato antico che aveva puntato tutto sulle infrastrutture, sui bisogni della gente, sui beni sociali e di assistenza, trascurando gli armamenti, adesso appariva non adeguatamente preparato dal punto di vista militare di fronte alla prepotenza di uno Stato guerrafondaio ed armato fino ai denti, tra l’altro dichiaratosi sempre amico e governato da un sovrano cugino dei Borbone.
In allegato le pagine tratte dal Giornale di Guerra della difesa di Gaeta, che riportano schematicamente le forze e le armi a disposizione degli assediati nel primo scontro.