sabato 17 novembre 2012

I negazionisti del campo di sterminio di Fenestrelle




Risposta a Barbero 
sul 
Il Mattino di Napoli        


Risposta a Barbero di De Crescenzo e del Movimento Neoborbonico (finalmente) pubblicata su IL MATTINO del 13 novembre (p. 12 edizione nazionale). 
Allegato il testo. 
"Rispetto per la nostra storia". 
LE domande (senza risposta) sui prigionieri di Fenestrelle.  
Il prof. Barbero nel suo ultimo libro ha affermato di avere finalmente riportato la verità sui fatti di Fenestrelle e sui soldati napoletani imprigionati. Nello stesso tempo, sia nel testo che nell’intervista al Mattino del 19/10, ha utilizzato una terminologia offensiva e del tutto inappropriata in un contesto da dibattito storiografico definendo i “neoborbonici” artefici di “invenzioni e strumentalizzazioni non in buona fede”, mescolando citazioni dal "mare magnum" di internet, fonti archivistiche e bibliografiche: tutte "spudorate reinvenzioni", "furibonde mistificazioni" per "fini immondi" (finale del libro, p. 316). 
Premesso che non risulta (negli ultimi 150 anni) alcun neoborbonico candidato o interessato alla politica, quali sarebbero questi “fini immondi” perseguiti da chi (per quello che riguarda il Movimento Neoborbonico) dal 1993 fa semplicemente attività di ricerca e di divulgazione fino a costituire quella categoria (culturale e storiografica) definita sempre più spesso “neoborbonica”? E, con questo tipo di linguaggio, che tipo di reazioni poteva suscitare Barbero? Quali reazioni aspettarsi se si ironizza su messe e manifestazioni per ricordare quei soldati o sulla opportunità di commemorare “quei poveracci morti in ospedale” (p. 267)? 
Se davvero ci fosse mai un rischio di “balcanizzazione” del nostro Paese, perché non rivolgere le proprie attenzioni verso chi, in termini di certo non culturali, insegue quelle “spaccature” da decenni (con vere "invenzioni" come la "padania") o non ha fatto e non fa nulla (da oltre un secolo e mezzo) per assicurare pari condizioni tra chi vive al Sud e chi vive al Nord? E’ forse un’invenzione che circa sessantamila soldati dell’esercito napoletano furono arruolati nell’esercito italiano "anche contro la loro volontà”? E’ falso che essi furono deportati con viaggi lunghissimi e spesso drammatici in “campi di concentramento-lager” (questo il termine -piaccia o no- più appropriato, vocabolario alla mano) come quelli di Fenestrelle o di San Maurizio (circa 12.000 “ospiti) o altrove solo perché “si ostinavano a non tradire il giuramento” fatto al loro legittimo Re e continuavano a “dirsi napoletani” (nonostante quello che sostiene Barbero, per il quale, Re e Nazione Napoletana non coincidevano dopo circa 7 secoli di storia)? E quale diritto consentiva o avrebbe consentito questa scelta di un governo contro un governo legittimo senza neanche una dichiarazione di guerra? E poi una domanda banale ma opportuna: perché, se non ci fosse stata una volontà punitiva e coercitiva, invece di organizzare costosissimi viaggi e campi-prigione, non chiedere a quei soldati “in loco” la disponibilità a passare all’altro esercito e, in caso di rifiuto, lasciarli liberi? Manca, allora, un’analisi storica complessiva, per fare posto ad un lungo e cavilloso elenco di cifre in puro stile (se può passare l’ironia) “sabaudo”: se pochi anni prima dei fatti in questione Fenestrelle era sotto accusa per le condizioni “di brutalità assoluta” in cui vivevano prigionieri e guardie (cito un testo di cui il prof. Barbero ha scritto anche l’introduzione) e con un sistema giudiziario-poliziesco che prevedeva “le decapitazioni con le teste recise accanto alle braccia e nelle gabbie” (abitudine consolidata e duratura, come dimostrano le “decapitazioni per  comodità di trasporto” praticate ai danni dei nostri “briganti” post-unitari dai soldati piemontesi: cfr. Fondo Brigantaggio Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito Italiano), in quale momento storico la stesso sistema avrebbe trasformato Fenestrelle in un albergo a cinque stelle? E perché mai ancora nel 1863 risulta la necessità di costruirvi “30 celle oscure” non bastando quelle già esistenti? La ricerca archivistica, come sa bene chi frequenta gli archivi per decenni, è spesso una ricerca “in negativo”: sono più numerosi, cioè, i documenti che mancano e che o sono scomparsi o sono altrove, piuttosto che quelli che abbiamo la fortuna di ritrovare. Del resto, più “illegali” erano le pratiche finalizzate alla punizione o alla eliminazione di quei soldati nemici, meno sono le “prove” archivistiche rintracciabili, come ci dimostrano storie e stermini anche più attuali (quali archivi conservano i documenti di tutti i  morti dei massacri nazisti o comunisti?). Quello che non torna, dopo tanti (troppi) anni è il numero dei nostri soldati: quanti ne morirono dopo le malattie inevitabili per la promiscuità e la durezza delle condizioni imposte? E se qualcuno sostiene che a casa vi tornarono (ma i riscontri effettuati finora presso gli archivi locali sono negativi e drammatici) o che furono arruolati nel nuovo esercito, perché oltre 10 anni dopo, ancora si cercava di spedirli, a migliaia, in Patagonia o nel Borneo? La questione di Fenestrelle e dei soldati napoletani (al centro di nostre decennali ricerche tuttora in corso con documenti inediti e ignorati da Barbero) appare complessa e irrisolta e significativa di un certo modo di affrontare le tematiche relative all’unificazione italiana con la (consueta) “criminalizzazione” di chi non si riconosce nella storiografia ufficiale troppo spesso parziale e unilaterale e senza il minimo rispetto per i tanti che in questi anni hanno portato alla luce pagine del tutto dimenticate e tragiche della storia nazionale e per i tanti (troppi) che furono vittime oggettivamente incolpevoli di deportazioni, massacri, punizioni e umiliazioni motivate solo dall’appartenenza (non rinnegata) all’esercito napoletano. 
E vale, ovviamente, la “sfida” lanciata di un dibattito pubblico (interventi alterni di 3 minuti con clessidra, possibilità di utilizzare "testimoni" e documentazione, luogo e ora da definire) per il quale i neoborbonici sono già pronti per colmare distanze che non sembrano storiografiche o geografiche ma umane.

Prof. Gennaro De Crescenzo
Presidente Movimento Neoborbonico
Napoli