giovedì 29 novembre 2012

Scontro sul campo di sterminio di Fenestrelle


HANNO ACCETTATO
LA SFIDA


Mercoledì 5 dicembre, alle ore 18.00, a Bari, presso la Libreria Laterza, in via Dante 49/53, il prof. Alessandro Barbero dialoga con il prof. Gennaro De Crescenzo, moderatore Lino Patruno.  

Un'occasione importante per chiarire alcuni punti importanti in merito alla tragica storia dei Soldati borbonici sterminati a Fenestrelle e delle tante e complesse questioni meridionali degne di un'attenzione e di un rispetto che la storiografia ufficiale (di cui Barbero è uno degli esponenti più in vista) non sempre hanno dimostrato di dedicare.

I compatrioti, gli amici e soprattutto i “Tiragliatori Scelti” sono vivamente invitati a partecipare quale sostegno al nostro Presidente che sarà lo strenuo difensore della memoria negata di migliaia di coraggiosi Figli della nostra Terra, sterminati senza pietà tra fredde langhe del Nord. 

Invece martedì 11 dicembre, alle ore 18.00, l’incontro avverrà tra Barbero e Gigi Di Fiore a Torino, presso Libreria Torre di Abele, via Pietro Micca 22.









mercoledì 28 novembre 2012

Il Fattariello - I Fratelli d'Italia che puzzano


FRATELLI D’ITALIA 

“ Ma lo sono anche i napoletani che ‘puzzano’ ”?


Continuano le simpaticissime gag dei due popolari comici napoletani Edo e Gigi che, da qualche tempo, diffondono attraverso la loro rubrica “Il fattariello” una pungente critica su tutto quanto in qualche modo coinvolge la cultura, la politica e la dignità della nostra Gente.

Buona lettura.
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Il Fattariello

a cura di Edo e Gigi 

(I Fatebenefratelli)


È di questi giorni la legge approvata dal Senato che, tra l’altro, all’art.2 prevede, oltre all’insegnamento obbligatorio dell’inno di Mameli “Fratelli d’Italia”, anche percorsi didattici su risorgimento, unità d’Italia, inno e bandiera. 
Ma scusate, se la Costituzione sancisce la libertà di pensiero, perché ci debbono imporre un inno nel quale noi meridionali non ci riconosciamo? Non solo; questa specie di unità s’ha pigliato ‘a nuje tutte chello ca ce steve a piglià, mò ce vonno fa cantà pure Fratelli d’Italia? Insomma ce vonno fa curnute e mazziate. No… non ci stiamo per niente. E poi… e poi anche i nostri senatori, come quelli delle idi di marzo, anziché pugnalare Cesare, hanno pugnalato la nostra Storia; e ci riferiamo ai senatori dell’Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata e Sicilia, che hanno votato a favore! Ma nun se mettene scuorno? 
A meno che, essendo senatori, forse nemmeno conoscono la storia del Nostro Grande Regno; forse pur magnificando l’inno di Mameli, non sanno che, nella 4^ strofa, il Mameli, riferendosi alla vittoria della repubblica di Firenze contro l’esercito imperiale di Carlo V, in effetti esalta l’istituzione repubblicana che combatte il governo monarchico; e infatti che facette Vittorio Emanuele II, memore di quei versi, dopo aver invaso il nostro regno? Mica istituì la Repubblica…manco p’’o cacchio! (per non dire altro), si autoproclamò Vittorio Emanuele II Re d’Italia, alla faccia di Mameli e della 4^ strofa.
E poi vorremmo sapere, come spiegheranno i docenti, l’inno agli alunni? Secondo la loro interpretazione? E come racconteranno il risorgimento e l’unità d’Italia? Spiegheranno agli alunni che si trattò di una pura e ignobile invasione del nostro regno? Diranno alle nuove generazioni che, per ordine del generale Cialdini, i paesi di Casalduni e Pontelandoflo vennero rasi al suolo dai bersaglieri piemontesi, dopo che questi ebbero trucidata tutta la popolazione e stuprato e violentate le donne? Spiegheranno agli alunni, dopo che questi, inconsapevolmente, avranno cantato “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta eccetera…” che la maledetta triade piemontese mazzinicavourvittorioemanuele, ci spogliò di tutti i nostri beni, lasciandoci letteralmente in mutande e costringere, così, i nostri trisnonni a partire “pe’ terre assje luntane” per guadagnarsi quel pezzo di pane che na vota s’’o faticavene a casa lloro? Ma quanno maje!
Continueranno a cantare “fratelli d’Italia” quando gioca la nazionale, senza manco sapere il significato di quelle parole. Noi napoletani non possiamo sentirci fratelli ‘e nu strunzo ca dice ca nuje puzzamme! Nuje nun sapimme se l’Italia “s’è desta o no!” ma ‘na cosa è certa: che noi ci dobbiamo destare, cioè ce avimma scetà ‘na bbona vota e far valere le nostre ragioni (e regioni)! 
Quindi aspettiamo il mercato di gennaio, ma non quello del Napoli per sapere De Laurentiis a chi s’accatta e chi se venne. No! Il mercato dei politici: Bersani contro Renzi, Grillo contro tutti, Vendola contro Bersani, Formisano contro Di Pietro, Casini contro…boh.. e chi ‘o ssape, Fini contro Berlusconi…. la Santanchè contro la Mussolini etceveze etceveze! Ih che ’nzalata. 
A questo punto, mettiamo da parte politica e Mameli e, se permettete, sapete cosa facciamo? Ce cunzulamme cu Cavani! E anche a loro diciamo: Cavan… a fà… (il resto mettetecelo voi!). 
Alla prossima.





martedì 27 novembre 2012

Nel Regno dei Borbone - Convegno a Gioiosa Jonica




GIOIOSA JONICA (RC), SABATO 1°  DICEMBRE 2012

 Nel Regno dei Borbone 
Stato, Economia e Società nelle Due Sicilie



Sabato 1° dicembre 2012, alle ore 17, in Gioiosa Jonica (RC), presso Palazzo Amaduri,  si terrà la conferenza illustrata sul tema

“Nel Regno dei Borbone: Stato, Economia e Società nelle Due Sicilie”.

La serata, organizzata dall’ASSOCIAZIONE DUE SICILIE “NICOLA ZITARA” con il patrocinio del COMUNE DI GIOIOSA JONICA, si aprirà con i saluti dell’Amministrazione Comunale, seguirà l’introduzione della Prof.ssa Antonia Capria Zitara, Presidente dell’Asso- ciazione Due Sicilie, quindi la relazione dello storico Dott. Alessandro Romano.



“La storia del Sud è tutta da riscrivere”. Con queste parole Nicola Zitara concludeva la sua opera pubblicata postuma (L’Invenzione del Mezzogiorno, Una storia finanziaria); soprattutto è da riscrivere la storia del periodo borbonico, iniziato nel 1734 con l’avvento di Carlo di Borbone, con il ritorno del Sud all’indipendenza (dopo il Viceregno spagnolo e la breve dominazione austriaca), e terminato nel 1861 con l’unità d’Italia. Da allora è iniziata ad opera dei vincitori un’attività di mistificazione della verità storica, con la creazione dei miti del risorgimento da una parte, con la denigrazione sistematica dell’ex Regno delle Due Sicilie, della dinastia che lo governava e delle sue popolazioni dall’altra, costruendo così una vulgata antimeridionale che ancora oggi si perpetua e trova spazio anche nei testi scolastici.

Con la conferenza di sabato prossimo, Alessandro Romano, esperto di storia delle Due Sicilie e del risorgimento, dopo anni di ricerche effettuate direttamente negli archivi, contribuirà a riscrivere e ricostruire la vera storia dell’antico Regno borbonico, sfatando molti luoghi comuni e mostrando al pubblico, attraverso videoproiezioni, le fonti e i documenti ai quali ha attinto.


SEGRETERIA ASSOCIAZIONE DUE SICILIE





lunedì 26 novembre 2012

Mostra di cimeli borbonici a Parigi



La Famiglia Reale a Parigi 

" I Bourbon - Sicile ", da Napoli a Parigi 

(Adnkronos) - "L'esposizione - racconta 'Point de vue'- testimonia di questa saga familiare. Una memoria ricostruita attraverso oggetti di inestimabile valore, porcellane, manoscritti, dipinti, ricordi di famiglia", da Carlo a Francesco II, cognato dall'affascinante Sissi. "Tra i 150 capolavori presenti a Parigi - ha proseguito il principe di Bourbon-Sicile- la cappa di Saint-Janvier, San Gennaro. Realizzata in prezioso tessuto in seta, ricamata in oro e argento, con la rappresentazione del santo patrono di Napoli. L'ordine di San Gennaro - ha ricordato ancora - fu creato da Carlo III quando sposò Maria -Amelia di Saxe e conta oggi solo 20 membri, 20 cavalieri provenienti da grandi famiglie aristocratiche, non solo napoletane".
Carlo di Borbone ha vissuto circondato da questi oggetti, dalla sua infanzia, ha ricordato 'Point de vue'. Un patrimonio di ricordi 'disperso' nei suoi uffici di Roma, al Palazzo della Cancelleria, di Parigi, di Montecarlo. Come gli splendidi vasi di Capodimonte con i ritratti della regina Maria -Isabella di Spagna, Francesco I di Borbone-Sicilia, il porta gioie in bronzo con l'effigie di Francesco I e della regina Maria-Isabella, dei loro discendenti, il principe Luigi-Carlo, le principesse Luisa-Carlotta, Teresa-Cristina-Maria, Carolina-Ferdinanda-Luisa, la futura duchessa di Berry.
Ma sicuramente l'oggetto più ricercato al quale il duca di Castro e la sua famiglia sono particolarmente affezionati, è il sigillo borbonico con tanto di stemma e ritratti degli ultimi re di Napoli che serviva a chiudere documenti, lettere e missive. Quasi un simbolo per gli ultimi Borbone -Sicilia, di una famiglia che regnò a Napoli dal 1734 al 1860.




lunedì 19 novembre 2012

domenica 18 novembre 2012

Offerta Speciale - Pierluigi Moschitti


Agli amici della Rete 
ed agli amici degli amici



Il Capo Brigante Pierluigi Moschitti ci comunica che dal sito www.bibliolazio.it   si possono scaricare come ebook GRATUITI i suoi libri: "La tradizione natalizia e la musica popolare" e "Briganti e musica popolare dal nord del Sud". 
La messa a disposizione gratuita dei due lavori (Collana Memorie del territorio del Sistema Bibliotecario Sud Pontino) vuole essere un contributo concreto al di là delle logiche di mercato, alla promozione della nostra tradizione e della storia del territorio.



Moschitti e Bennato




INOLTRE SEGNALIAMO CHE
Piero Moschitti e la sua Banda saranno impegnati in 

Briganti a Gallese


Domenica 25 novembre dalle ore 18.00, nell'ambito della manifestazione "I suoni dei giorni", si svolgerà presso il MUSEO E CENTRO CULTURALE "MARCO SCACCHI" di Via Lorenzo Filippinia, a Gallese (VT), una conferenza sul tema "Brigantaggio nell'Italia Centromeridionale - fatti e personaggi" a cura del Capobrigante Pierluigi Moschitti, etnomusicologo autore del testo "Briganti e musica popolare dal nord del Sud".
Sono previsti interventi di musica popolare e brigantesca eseguiti dal gruppo "Banda Moschitti".




sabato 17 novembre 2012

I negazionisti del campo di sterminio di Fenestrelle




Risposta a Barbero 
sul 
Il Mattino di Napoli        


Risposta a Barbero di De Crescenzo e del Movimento Neoborbonico (finalmente) pubblicata su IL MATTINO del 13 novembre (p. 12 edizione nazionale). 
Allegato il testo. 
"Rispetto per la nostra storia". 
LE domande (senza risposta) sui prigionieri di Fenestrelle.  
Il prof. Barbero nel suo ultimo libro ha affermato di avere finalmente riportato la verità sui fatti di Fenestrelle e sui soldati napoletani imprigionati. Nello stesso tempo, sia nel testo che nell’intervista al Mattino del 19/10, ha utilizzato una terminologia offensiva e del tutto inappropriata in un contesto da dibattito storiografico definendo i “neoborbonici” artefici di “invenzioni e strumentalizzazioni non in buona fede”, mescolando citazioni dal "mare magnum" di internet, fonti archivistiche e bibliografiche: tutte "spudorate reinvenzioni", "furibonde mistificazioni" per "fini immondi" (finale del libro, p. 316). 
Premesso che non risulta (negli ultimi 150 anni) alcun neoborbonico candidato o interessato alla politica, quali sarebbero questi “fini immondi” perseguiti da chi (per quello che riguarda il Movimento Neoborbonico) dal 1993 fa semplicemente attività di ricerca e di divulgazione fino a costituire quella categoria (culturale e storiografica) definita sempre più spesso “neoborbonica”? E, con questo tipo di linguaggio, che tipo di reazioni poteva suscitare Barbero? Quali reazioni aspettarsi se si ironizza su messe e manifestazioni per ricordare quei soldati o sulla opportunità di commemorare “quei poveracci morti in ospedale” (p. 267)? 
Se davvero ci fosse mai un rischio di “balcanizzazione” del nostro Paese, perché non rivolgere le proprie attenzioni verso chi, in termini di certo non culturali, insegue quelle “spaccature” da decenni (con vere "invenzioni" come la "padania") o non ha fatto e non fa nulla (da oltre un secolo e mezzo) per assicurare pari condizioni tra chi vive al Sud e chi vive al Nord? E’ forse un’invenzione che circa sessantamila soldati dell’esercito napoletano furono arruolati nell’esercito italiano "anche contro la loro volontà”? E’ falso che essi furono deportati con viaggi lunghissimi e spesso drammatici in “campi di concentramento-lager” (questo il termine -piaccia o no- più appropriato, vocabolario alla mano) come quelli di Fenestrelle o di San Maurizio (circa 12.000 “ospiti) o altrove solo perché “si ostinavano a non tradire il giuramento” fatto al loro legittimo Re e continuavano a “dirsi napoletani” (nonostante quello che sostiene Barbero, per il quale, Re e Nazione Napoletana non coincidevano dopo circa 7 secoli di storia)? E quale diritto consentiva o avrebbe consentito questa scelta di un governo contro un governo legittimo senza neanche una dichiarazione di guerra? E poi una domanda banale ma opportuna: perché, se non ci fosse stata una volontà punitiva e coercitiva, invece di organizzare costosissimi viaggi e campi-prigione, non chiedere a quei soldati “in loco” la disponibilità a passare all’altro esercito e, in caso di rifiuto, lasciarli liberi? Manca, allora, un’analisi storica complessiva, per fare posto ad un lungo e cavilloso elenco di cifre in puro stile (se può passare l’ironia) “sabaudo”: se pochi anni prima dei fatti in questione Fenestrelle era sotto accusa per le condizioni “di brutalità assoluta” in cui vivevano prigionieri e guardie (cito un testo di cui il prof. Barbero ha scritto anche l’introduzione) e con un sistema giudiziario-poliziesco che prevedeva “le decapitazioni con le teste recise accanto alle braccia e nelle gabbie” (abitudine consolidata e duratura, come dimostrano le “decapitazioni per  comodità di trasporto” praticate ai danni dei nostri “briganti” post-unitari dai soldati piemontesi: cfr. Fondo Brigantaggio Ufficio Storico Stato Maggiore dell’Esercito Italiano), in quale momento storico la stesso sistema avrebbe trasformato Fenestrelle in un albergo a cinque stelle? E perché mai ancora nel 1863 risulta la necessità di costruirvi “30 celle oscure” non bastando quelle già esistenti? La ricerca archivistica, come sa bene chi frequenta gli archivi per decenni, è spesso una ricerca “in negativo”: sono più numerosi, cioè, i documenti che mancano e che o sono scomparsi o sono altrove, piuttosto che quelli che abbiamo la fortuna di ritrovare. Del resto, più “illegali” erano le pratiche finalizzate alla punizione o alla eliminazione di quei soldati nemici, meno sono le “prove” archivistiche rintracciabili, come ci dimostrano storie e stermini anche più attuali (quali archivi conservano i documenti di tutti i  morti dei massacri nazisti o comunisti?). Quello che non torna, dopo tanti (troppi) anni è il numero dei nostri soldati: quanti ne morirono dopo le malattie inevitabili per la promiscuità e la durezza delle condizioni imposte? E se qualcuno sostiene che a casa vi tornarono (ma i riscontri effettuati finora presso gli archivi locali sono negativi e drammatici) o che furono arruolati nel nuovo esercito, perché oltre 10 anni dopo, ancora si cercava di spedirli, a migliaia, in Patagonia o nel Borneo? La questione di Fenestrelle e dei soldati napoletani (al centro di nostre decennali ricerche tuttora in corso con documenti inediti e ignorati da Barbero) appare complessa e irrisolta e significativa di un certo modo di affrontare le tematiche relative all’unificazione italiana con la (consueta) “criminalizzazione” di chi non si riconosce nella storiografia ufficiale troppo spesso parziale e unilaterale e senza il minimo rispetto per i tanti che in questi anni hanno portato alla luce pagine del tutto dimenticate e tragiche della storia nazionale e per i tanti (troppi) che furono vittime oggettivamente incolpevoli di deportazioni, massacri, punizioni e umiliazioni motivate solo dall’appartenenza (non rinnegata) all’esercito napoletano. 
E vale, ovviamente, la “sfida” lanciata di un dibattito pubblico (interventi alterni di 3 minuti con clessidra, possibilità di utilizzare "testimoni" e documentazione, luogo e ora da definire) per il quale i neoborbonici sono già pronti per colmare distanze che non sembrano storiografiche o geografiche ma umane.

Prof. Gennaro De Crescenzo
Presidente Movimento Neoborbonico
Napoli







venerdì 16 novembre 2012

Le foto di Napoli a Cuba





NAPOLI SVELATA

di 
Antonio Tortora 


Da domenica 4 novembre e solo per pochi giorni la “Napoli Svelata” sarà (è stata) in mostra a Cuba presso il Comitato dell’Avana della Società Dante Alighieri con 26 fotogrammi, formato 40 x 40 in bianco e nero, scattati dal fotografo professionista Mario Zifarelli, conosciuto nell’ambiente con il soprannome di “Zif”. 
Giovane rampollo di una dinastia di fotografi, docente di fotografia per corsi regionali e ministeriali e attuale fotografo ufficiale del concorso Miss Italia, ha percorso ogni tappa di una gavetta che gli consente di utilizzare con grande maestria sia le mitiche Hasselblad made in Svezia che le moderne e digitali fotocamere nipponiche Canon, Nikon e Pentax. 
Ha raggiunto la piena maturità professionale e artistica.
Per approfondire la conoscenza della città del sole e della sirena Partenope, con i suoi misteri legati agli dei e ai culti antichi, e per rintracciare le testimonianze della tradizione ermetica a Napoli, ha compiuto lunghi tour nel cuore del centro storico, per mesi, prima con il giornalista e cultore di storia napoletana Antonio Tortora e poi si è confrontato con la presidente dell’associazione Thelema Laura Miriello nonché con Sergio Mannato dell’associazione La Casa di Mercurio, tutti collaboratori del progetto fotografico e seriamente impegnati in un’operazione tesa a portare la Napoli esoterica a San Cristòbal de La Habana, vero nome della capitale cubana, dove opera la prestigiosa istituzione culturale italiana. 
Si tratta, senza dubbio, di una Napoli inedita e poco conosciuta anche dagli stessi cittadini che la abitano ma che, ne siamo sicuri, farà visivamente scoprire la città sia alle autorità cubane che agli uomini d’affari italiani e caraibici che in questi primi giorni di novembre affolleranno l’esposizione allestita presso la Società Dante Alighieri. 
Una sorta di gemellaggio culturale fra la più epicurea città della Magna Grecia e una delle città dei Caraibi più vicina al tropico del Cancro; napoletani e habaneri condivideranno per alcuni giorni grandi emozioni e misteriose suggestioni.
“È una delle poche volte in cui riesco a realizzare qualcosa di veramente importante per me stesso e che trascenda le tecniche apprese durante anni di duro lavoro – ci dice Mario Zifarelli mentre nel suo laboratorio supervisiona, timbra e firma le foto stampate – e riuscire a mostrarle ad un pubblico di così alto livello mi porta a credere di aver fatto la scelta giusta”. 
La location è stata proposta da Alessandro Senatore presidente dell’Istituto di cooperazione e sviluppo Italia Cuba – Regione Campania, presidente dell’Associazione culturale Mira el Sol nonché responsabile della prima sede consolare itinerante di Cuba a Napoli. 
Si tratta di un professionista che si sta dando molto da fare per promuovere sul mercato cubano le aziende campane che operano in vari campi fra cui costruzioni, energia, manifatturiero e medicale con il coinvolgimento diretto di Camera di Commercio e importanti gruppi imprenditoriali caribe. 
Senatore, alla doverosa domanda: “cosa c’entra la fotografia con il business”? invariabilmente risponde, come ha già risposto nel corso di precedenti interviste: “Non penso sia giusto separare i due campi. Cultura ed economia, nella società contemporanea, vanno di pari passo ed anzi più si rafforzeranno i legami culturali tra Napoli e L’Avana, più possibilità avranno le nostre imprese di lavorare a Cuba”.
Il sociologo e fotografo americano Lewis Wickes Hine ha scritto, nella prima metà del ‘900, “la fotografia non sa mentire, ma i bugiardi sanno fotografare” ebbene nel caso di Mario Zifarelli questa regola pseudosociologica non appare vera. 
Infatti siamo stati testimoni di quanta passione ha impiegato per scattare le innumerevoli istantanee, impeccabile snapshotter, e di quanta consapevole accuratezza si è servito per scegliere le 26 immagini riproducenti il bugnato della Chiesa del Gesù Nuovo con i suoi misteriosi graffiti; l’interno della tomba di Virgilio da sempre oggetto di una forte e controversa devozione; la Cripta Neapolitana che con i suoi circa 700 metri di lunghezza e con il suo buio innaturale spinse Johann Wolfgang von Goethe ad affermare: “ho perdonato tutti quelli che perdono la testa per questa città”; il trecentesco portale gotico e l’imponente rosone del “Munasterio ‘e Santa Chiara” con il massiccio campanile contrassegnato da croci templari e facente parte dello stesso complesso monastico; i loculi ricolmi di teschi e ossa disseminati negli ipogei della Chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio ad Arco, attualmente restaurati, unico luogo al mondo dove le anime del Purgatorio sono oggetto di popolare venerazione ed in particolare il cranio della giovane Lucia ricoperto dal velo nuziale. 
Ed ancora i mascheroni gotici riprodotti sui capitelli in pietra calcarea del chiostro della Chiesa di San Francesco a Sorrento, un pezzo di Paradiso in terra; la statua di San Gennaro che richiama istantaneamente al miracolo dello scioglimento del sangue nelle sacre ampolle la cui prima manifestazione sarebbe avvenuta all’epoca di Costantino I.
La Napoli underground con la sua infinita rete di cunicoli, grandi ambienti, cisterne e acquedotti ancora inesplorati che riportano a una vita altrettanto brulicante come quella di superficie ma parallela e sprofondante in misteri stratificati e tutti da scoprire; l’antro della Sibilla Cumana sacerdotessa di Apollo, veggente e guida di Enea nell’oltretomba come narrato da Virgilio nel libro VI° dell’Eneide. 
Il Cristo nella grotta conservato all’ingresso del rinascimentale Eremo dei Camaldoli, l’antico monte Prospetto, sconosciuto ai più ma suggestivo per i suoi punti panoramici a 458 metri sul livello del mare. 
Ed infine le Catacombe di San Gennaro che pur rappresentando il più importante monumento della cristianità a Napoli lasciano intravedere, almeno attraverso l’originale punto di vista e le tecniche impiegate dal bravo fotografo, una forte similitudine con la città sotterranea antica di migliaia di anni di Derinkuyu in Cappadocia, Turchia orientale; e difatti il mistero della costruzione della misteriosa e inspiegabile città turca capace di ospitare anche ventimila persone a 85 metri di profondità e delle Catacombe partenopee (antica eco delle mitiche città abitate dai cimmeri) che sono state esplorate solo in una minima parte, permane e stuzzica l’interesse dei ricercatori.

Ogni scatto scelto da Mario Zifarelli è una finestra su un passato più o meno remoto da cui è possibile sbirciare sui segreti di una Napoli che mai sarà completamente svelata a dispetto della locandina con cui si pubblicizza la mostra. 
Tuttavia ogni osservatore, capace di interpretare i segni e i simboli che dalle foto appaiono rispettosi di una misteriosa legge dell’attrazione, sarà certamente catturato da quelle linee di confine che solo il bianco e il nero possono esaltare in quella essenziale armonia di tenebre e luce (yin e yang) che costituisce, in fondo, tutta la nostra vita. 
Napoli e Cuba: due mondi diversi che cercano di conoscersi e di incontrarsi grazie a uomini di buona volontà che al di là di ogni pregiudizio tentano una continua mediazione sensoriale; ammirare le foto cariche di mistero e in bianco e nero di “Zif” in un’assolata location caraibica deve essere un’esperienza straordinaria e riproduce quasi con esattezza le sensazioni che si proverebbero ammirandole in un’ assolata location partenopea. 
Il fotoreporter statunitense William Eugene Smith, più o meno negli anni ’70 ha scritto: “a cosa serve una grande profondità di campo se non c’è un’adeguata profondità di sentimento?” 
Noi non sappiamo sinceramente se Mario Zifarelli conosca Smith e quanto prima riportato ma una cosa è certa, lui e il suo staff scientifico fra cui Antonio Tortora, Laura Miriello, Sergio Mannato, Cinzia Cerracchio dell’associazione L’ECO delle Muse e Alessandro Senatore, organizzatore dell’evento, incontratisi “per caso” lungo il cammino della vita, hanno bruciato le tappe riempiendo quelle foto di profondità di campo e profondità di sentimento. 




martedì 13 novembre 2012

Ordine Costantiniano - Evento a Napoli











UN PO’ DI STORIA
Il Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio risale alla “Cavalleria aurata costantiniana” (aurata in virtù del collare d’oro finissimo che portavano i più alti dignitari), che l’Imperatore Costantino fondò nel 312 d. C. dopo la sua definitiva vittoria contro Massenzio a Ponte Milvio che lo rese signore indiscusso dell’Impero Romano, vittoria ottenuta grazie al favore divino della visione della Croce in Cielo con la scritta “In Hoc Signo Vinces”, che egli fece poi apporre sui vessilli e sulle armature sue, dei suoi figli e dei suoi ufficiali.
Costantino, come ringraziamento al Signore per la vittoria, fondò il primo Ordine cavalleresco della storia, investendo egli stesso i primi cinquanta cavalieri, fra cui i suoi figli futuri Imperatori; inoltre, come è noto, concesse la definitiva libertà di culto ai cristiani in tutto l’Impero. A riprova di ciò, esiste un medaglione di Costante I (337-350), figlio di Costantino, che regge il labaro col Cristogramma “XP”. 
Particolarità dei Cavalieri Costantiniani è che fossero disarmati e dedicati alla difesa dei valori umani dettati dal Cristo anche e soprattutto durante le battaglie. 
Un nemico caduto da cavallo o giacente a terra ferito e disarmato era un essere indifeso e non rappresentava più l’avversario, ma il fratello da soccorrere. Furono questi i principi, incomprensibili ai piemontesi e travisati dagli storici, per i quali l’etica cavalleresca impose ai soldati delle Due Sicilie, Cavalieri Costantiniani, di lanciarsi nel Fiume Garigliano per salvare la vita dei nemici in procinto di annegare. Furono questi i principi ai quali l’ultimo re delle Due Sicilie, Francesco II di Borbone, restò fermamente fedele fino a perdere il trono e ad affrontare l’esilio. Principi fondati sull’amore, sulla tolleranza, sulla carità e sulla pace di cui Francesco II ne fu il massimo garante tra le ingiurie, le calunnie e la maldicenza del “nuovo corso” che avanzava senza pietà travolgendo tutto e tutti.  







lunedì 12 novembre 2012

Inno di Mameli a scuola - No dei Neoborbonici



Inno di Mameli e festa dell’unità italiana: 
i Neoborbonici ricorrono alla Corte Europea


(Caserta24ore news) Inno di Mameli e festa dell’unità italiana: Il “Parlamento delle Due Sicilie” (IV Commissione Cultura e Istruzione) e il Movimento Neoborbonico hanno inviato alla Commissione e alla Corte di Giustizia Europea una denuncia contro il progetto di legge appena approvato al Senato e relativo all’insegnamento obbligatorio dell’inno di Mameli nelle scuole elementari italiane. Nel dossier inviato a Luxembourg (Corte di Giustizia dell’Unione Europea) e a Bruxelles (Segreteria Generale Commissione Comunità Europee) si evidenziano alcuni aspetti della delicata questione qui riportati in sintesi.
La legge, di cui si è chiesta una revisione, sarebbe in contrasto con gli articoli 10 e 11 della stessa Carta (relativi alla libertà di coscienza, alla libertà di pensiero, alla libertà di opinione e a quella di “di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera”): l’indottrinamento politico e antidemocratico veicolato dalla legge in questione va contro la libertà di pensiero e ciò sarebbe tanto più grave in una fase della storia italiana come quella che stiamo vivendo, nella quale è forte e fecondo il dibattito sul “Risorgimento” e sui suoi limiti non più occultabili e soprattutto riferibili ai danni materiali e morali subiti dalle popolazioni dell’ex Regno delle Due Sicilie in termini di massacri, saccheggi e colonizzazioni, con sviluppi ancora attuali se solo si pensa ad una questione meridionale sempre più drammatica e sempre più dimenticata.
In questo senso l’imposizione della marcia di Mameli e Novaro va poi contro il successivo articolo 22: “L’Unione rispetta la diversità culturale, religiosa, linguistica”. Ciò risulta evidente da quanto è stato scritto: i popoli e gruppi di persone qui descritte non si riconoscono nei miti patriottici propri dell’Inno di Mameli e saranno costretti ad accettarli. L’Inno di Mameli, infine, sfrutta diversi falsi storici, usati per scopi di propaganda militaresca dal regime totalitario che dominò l’Italia per vent’anni. In nessun modo, dunque, esso può rappresentare istanze di libertà e di democrazia e a maggior ragione non deve assolutamente essere imposto ai nostri bambini (e non ai “Balilla” citati nell’inno).
I ricorrenti, pertanto, domandano alle Istituzioni in indirizzo di intervenire affinché il Governo italiano non dia corso all’applicazione di una legge già al centro di numerose polemiche.
Movimento Neoborbonico e “Parlamento delle Due Sicilie”, infine, in merito alla festa dell’unità nazionale istituita per il 17 marzo e che prevede “iniziative finalizzate ad informare e a suscitare riflessioni sugli eventi e sul significato del Risorgimento”, invieranno a tutte le scuole di ordine e grado dell’Italia meridionale progetti (gratuiti) di seminari e incontri con docenti e ricercatori specializzati, con la finalità di ricostruire la verità storica su eventi e significati del “Risorgimento” sistematicamente ignorati dalla storiografia ufficiale da oltre 150 anni.

FONTE:
Il Mezzogiorno
Pubblicato il 09 novembre 2012





sabato 3 novembre 2012

Monteforte - Recupero dell'antica Fontana Borbonica.





Verrà restaurata la 
fontana borbonica di Monteforte

di 
Antonio Cangiano



AVELLINO - Degrado diffuso presso la fontana Borbonica di Monteforte Irpino, in provincia di Avellino. 
La storica fonte, voluta da Carlo III di Borbone, visibilmente in degrado è diventata una discarica a cielo aperto. 
Ma presto sarà restaurata.

FONTANA BORBONICA IN DEGRADO - Bottiglie di plastica, copertoni, spazzatura, rovi e malerba. 
È l'istantanea di degrado che avvolge la storica fontana di Carlo III in località Gaudi, nel comune di Monteforte, a pochi chilometri dal capoluogo irpino. 
Realizzata nel 1757 lungo la via Nazionale, all'altezza della salita che da Mugnano del Cardinale conduce a Monteforte, la storica fonte, già in passato vittima di atti di vandalismo, oggi versa in uno stato di completo abbandono. 
A denunciare lo stato di incuria, Gennaro Barbato del comitato civico di Ottaviano, associazione attiva circa la tutela dei beni storici e artistici dell'area vesuviana, ma non solo. 
Da anni Barbato conduce, infatti, battaglie contro il degrado diffuso che caratterizza i beni culturali del sud Italia. 
Circa la fontana di Carlo III nel comune di Monteforte Irpino, afferma: "È un caso eclatante di abbandono e inciviltà. La fontana Borbonica fatta costruire da Carlo III per dar sollievo ai viandanti anelanti per l'ardua salita a ben vedere è diventata un ricettacolo di spazzatura e la struttura aggredita da rovi, mostra forti segni di deterioramento".

A BREVE IL RESTATURO - Nel frattempo dal comune irpino fanno sapere che la fontana Borbonica di Carlo III sita alla località Gaudi rientra tra gli interventi di tutela e restauro previsti con Decreto Dirigenziale della Regione Campania n. 51 del 13/06/2012 per il Comune di Monteforte; pertanto a breve dovrebbero partire i lavori per la riqualificazione del monumento.

UN PO' DI STORIA - Carlo III di Borbone, che era un appassionato cacciatore predilesse l'Irpinia quale terra ricca di selvaggina.
Anzi, secondo attendibili testimonianze orali, volle farvi edificare un pied-à-terre per soffermarsi durante le sue frequenti gite. 
La fontana in località Gaudi nei pressi di Monteforte, fu fatta costruire nel 1757 come testimonianza di riconoscenza per queste terre e come si legge sulla lapide, per dar sollievo ai viandanti anelanti per l'ardua salita.

Fonte: napoli.com